Quick: un passo alla volta, senza mai inciampare

Quick Story: un passo alla volta, senza mai inciampare. Michele Marzucco e Alfonso Peduto ci raccontano come hanno fatto due amici che si occupavano d’installazione d’impianti di bordo, a diventare un’azienda da 30 milioni di fatturato all’anno

di Niccolò Volpati – foto di Andrea Muscatello

“Dopo 35 anni di lavoro insieme faccio fatica a chiamarlo socio perché, per me, è soprattutto un amico”. L’amico/socio si chiama Alfonso Peduto, mentre chi ci racconta la storia di questa azienda è Michele Marzucco. Il primo si occupa della parte tecnica, il secondo di quella gestionale e commerciale. Peduto è un perito per le telecomunicazioni. Anche Marzucco è un perito, ma elettrotecnico. QUICK Spa

Sono due facce della stessa medaglia, racconta chi li conosce bene. Sembra che in azienda facciano cose diverse, ed effettivamente è così, ma uno è perfettamente in grado di fare il lavoro dell’altro e viceversa. La storia inizia il 4 gennaio del 1983. I due amici si mettono in società dopo anni passati a installare impianti a bordo delle imbarcazioni da diporto lungo la riviera romagnola.

«La prima cosa che abbiamo fatto sono stati i caricabatteria nel 1986, poi, nel 1992, abbiamo rilevato la Quick, una piccola azienda che allora non aveva dipendenti, fatturava 150 milioni delle vecchie Lire e produceva accessori per salpancora», ricorda Marzucco. E come diceva un signore che veniva dall’estremo oriente, diventato famoso come grande Timoniere, «Anche una lunga marcia comincia con un piccolo passo».

Ascoltando il racconto di Michele Marzucco mi sembra di seguire la strategia di una grande multinazionale. Mi spiega che hanno sempre fatto un piccolo passo alla volta, senza mai inciampare. Hanno spesso rilevato rami d’azienda perché interessati ai prodotti che queste producevano. E così la gamma di accessori nautici che erano in grado di proporre cresceva a vista d’occhio.

QUICK SpaNel 1995, tre anni dopo aver rilevato la Quick, sono passati dalla produzione di componenti per verricelli a quella di un loro modello di salpancora. Dopo aver rilevato la Scotti di Milano, iniziano a produrre boiler, fanali di navigazione e stacca batterie.

Nel 2007 si lanciano in un appuntamento al buio. L’incontro è stato con il settore luci e, ovviamente, il futuro si è rapidamente illuminato. Poco più di un anno fa, l’ultima acquisizione. Si tratta della gamma di stabilizzatori giroscopici MCItem Mare per imbarcazioni fino a 250 tonnellate

Il prodotto lo hanno acquisito, ma non si sono limitati a commercializzarlo. Forse è proprio questo uno dei segreti del successo di Quick. Questo segreto ha un nome: Catt. La Catt è il fiore all’occhiello dell’azienda e, non a caso, è sempre partecipata al 50% tra Michele Marzucco e Alfonso Peduto, ma non è stata inglobata nella Quick.

Il brand rimane a parte e rappresenta il luogo dove si fa ricerca e sviluppo, dove si studiano i prodotti e si trovano le soluzioni tecniche per ottimizzarli. Fisicamente la Catt si trova negli stessi stabilimenti di Quick, 20 mila metri quadri coperti su una superficie totale di 54 mila, a pochi chilometri da RavennaQUICK Spa

Il gruppo conta 180 dipendenti e, tra questi, una ventina si occupano solo di ricerca e sviluppo. Marecalmo prima dell’acquisizione da parte di Quick era quasi solo una bella start up. I tecnici, e i commerciali, l’hanno trasformata in una realtà industriale capace di raccogliere grandi consensi.

Si tratta di stabilizzatori giroscopici e fin qui, si potrebbe pensare, niente di straordinariamente nuovo. Ci avevano già pensato Mitsubishi e poi Seakeeper, ma questi sono differenti. In cosa? L’asse di rotazione è orizzontale e quindi, la massa rotante è verticale.

Il grande vantaggio è che quando sono in azione non si ha mai la sensazione che lo stabilizzatore contrasti la manovra che sta facendo il timoniere. Le aziende produttrici di giroscopi ad asse verticale, per evitare qualsiasi tipo di problema, raccomandano di tenerli in funzione fino a una data velocità dell’imbarcazione. Oltre si potrebbe rischiare che invece di essere di ausilio, possano rivelarsi d’intralcio.

Non è il caso di quelli ad asse orizzontale come quelli di Quick. Si possono lasciare in funzione anche mentre si naviga alla massima velocità su un mare formato. La palla di ferro, ruotando in verticale, svolgerà sempre la sua funzione stabilizzatrice, senza ostacolare la manovra che si sta compiendo. In sostanza, non si corre il rischio di andare dove non si desidera.

Lo stesso vale per quando si naviga a bassissima velocità. La caratteristica degli stabilizzatori giroscopici ad asse orizzontale è proprio quella di funzionare bene in qualsiasi condizione e, anche questa volta, non si viene contrastati nelle manovre durante l’ormeggio in porto.

Gli stabilizzatori sono di moda e, del resto, la loro efficacia non si discute. Un test effettuato con il modello per imbarcazioni fino a 20 tonnellate, l’MC20, ha evidenziato come la riduzione del rollio possa arrivare fino all’86%. La differenza è tanta. Senza stabilizzatore si balla. Con, invece, si passa del tempo piacevole in rada, anche se c’è risacca e anche se la baia è così affollata da essere contiQUICK Spanuamente attraversata da onde di scia di altre imbarcazioni. Stabilizzatore è sinonimo di comfort.

E se si presta un minimo di attenzione, ci si renderà conto che tutta una serie di pregiudizi sono sbagliati. Consumano, è vero, ma non in modo eccessivo. MC20 ha bisogno di 2,5 kW, ma è facile che una barca di 20 tonnellate preveda già di avere un generatore a bordo.

Il modelli più piccoli, MC5 e MC10, rispettivamente per barche fino a 5 e fino a 10 tonnellate, possono essere alimentati anche da un inverter, due invertitori e un buon banco batterie. Ingombro poco, visto che per MC20 le misure sono di 60x60x60 centimetri. Chi non ha spazio in sentina o in sala macchine per un cubo di 60 centimetri?

Inoltre, se la barca è nuova, è ormai assodato che il cantiere si preoccupi di fare i rinforzi proprio in previsione dell’installazione di uno stabilizzatore giroscopico. Non serve niente di particolare. Di solito si fanno dello stesso materiale dello scafo, quindi vetroresina, carbonio, alluminio o quello di cui è fatta la barca e l’importante è che siano solidali alla struttura.

Il peso, del resto, non è poi così eccessivo. Sempre prendendo a parametro MC20 che abbiamo visto all’opera, il peso dello stabilizzatore è di 500 chilogrammi a fronte di un’imbarcazione che può arrivare fino a 20 tonnellate di dislocamento. Si tratta, quindi, di un quarantesimo di peso aggiuntivo.

E anche il prezzo non è così improponibile. «A breve mi aspetto che il costo di uno stabilizzatore si possa assestare intorno al 5 per cento del valore della barca», ci spiega Michele Marzucco. Non siamo lontani, anche perché, attualmente, i modelli di Quick, incidono per il 7 per cento sul costo finale dell’imbarcazione.

(Quick: un passo alla volta, senza mai inciampare – Barchemagazine.com – Febbraio 2018)