Marco Zanuso and Alessandro Mendini, the Good Design

Due grandi a confronto, per parlare di architettura e design e per capire in che modo queste due espressioni artistiche si intrecciano. I protagonisti sono Marco Zanuso e Alessandro Mendini

by Francesca Ciancio

La mostra dedicata a Marco Zanuso e Alessandro Mendini, ideata da ADI, il Design Museum di Milano curato da Pierluigi Nicolin, Gaia Piccarolo, Nina Bassoli e Maite García Sanchis, ha messo a confronto due protagonisti del design e dell’architettura in maniera del tutto inedita. Lungo lo spazio centrale del museo, infatti, ci si poteva muovere percorrendo 12 capitoli, simmetricamente suddivisi in sei più sei: Comfort, Nuova Estetica, Grande Scala, Costruzione Modulare, Innovazione e Muri in Pietra le sezioni dedicate a Marco Zanuso; Alchimie, Global Toys, Decorazioni, Musei, Case, Testo e Immagine quelle dedicate ad Alessandro Mendini. Poter osservare le loro creazioni in maniera simmetrica ha accentuato il gioco di rimandi, contrapposizioni e influenze.

Modello in metacrilato e legno verniciato del Groninger Museum, con il padiglione di Arte Antica di Frank Stella non realizzato. Archivio Atelier Mendini. Foto Roberto Gennari Feslikenian.

IL LAVORO DI ALESSANDRO MENDINI SI PONE OLTRE IL “SISTEMA
DEGLI OGGETTI”, CERCANDO DI DARE UN NUOVO SIGNIFICATO
AI PRODOTTI INDUSTRIALI, MARCHIANDOLI CON I TATUAGGI
DI UNA NUOVA DECORAZIONE.

Alex, chaise longue in plastica rotazionale, Ecopixel, 2017. Progetto Alessandro e Francesco Mendini, con Alex Mocika. Archivio Wet/Ecopixel.

Il nastro Cord per le poltrone icone
Marco Zanuso attingeva da materiali presi in prestito dal settore bellico o automobilistico. È il caso, per esempio, del nastro Cord, un tessuto elastico visto alla Pirelli, studiato e poi brevettato da Carlo Barassi, e impiegato con successo dal designer milanese in una serie di sedute imbottite (Lady, Senior, Martingala).

Groninger Museum, Groningen, The Netherlands, 1989-1994. Foto Erik and Petra Hesmerg.

Proposta per il “Laboratorio Internazionale Napoli Sotterranea”, 1988, vista prospettica della fabbrica di fiori. Fondo Marco Zanuso.

Poltrona di Proust, 2009. Fondo Alessandro Mendini – Collezione Permanente Triennale Milano.

Due visioni molto diverse, ma entrambe complete. I percorsi di Zanuso e Mendini hanno avuto indubbiamente esiti formali ed estetici diversi: il primo coinvolto in tematiche moderniste “forti”, il secondo in quelle post-moderniste “deboli”, eppure entrambi, attraverso il loro operato, sembrano dire che non vi è limite all’esperienza. È il classico concetto dell’attrazione degli opposti che è anche un po’ il senso di questa mostra.

Orti sotterranei ante-litteram
Tra i progetti in mostra c’era una serra ipogea alimentata a energia solare sviluppata da Marco Zanuso nella seconda metà degli anni Ottanta nel contesto del Laboratorio Internazionale Napoli Sotterranea e mai realizzata. Una fabbrica-giardino che avrebbe permesso di coltivare piante e fiori nei cunicoli scavati sotto la città “per riparare, almeno in parte, i danni arrecati all’ambiente”.

Di certo questi due protagonisti del design italiano non si sono mai tirati indietro dinanzi alle sfide e ai temi della progettazione e sono stati tra i più bravi a mettere in relazione oggetti, persone e spazio abitato. Visitando la mostra tutte queste riflessioni emergono chiare e molto hanno a che fare con le biografie dei due personaggi: Mendini più orientato all’individualità del proprio operato, Zanuso aperto anche ai gruppi di lavoro; il primo propenso a spiegare le proprie opere, il secondo più incline a far parlare l’opera in sé. Entrambi attenti alla tecnica, anzi devoti, ma che non negano la parte che spetta alle emozioni e ai sentimenti.

Casa Press, Lydenburg, Sud Africa, 1970-1972, vista degli spazi aperti fra i setti murari. Foto Dewald van Helsdingen.

Zanuso è stato tra i primissimi ad interessarsi ai problemi dell’industrializzazione del prodotto e all’applicazione dei nuovi materiali e tecnologie agli oggetti di uso comune. La sua fiducia nella tecnologia non ha messo mai da parte l’intelligenza emotiva che si rivela in un’empatia estesa a tutte le cose. Basti pensare alle seggiole per bambini o alla tecnica primitivista adottata nei muri in pietra. Parte attiva del gruppo di designer impegnato nella sperimentazione dell’idea di “Good Design”, il progettista e accademico Zanuso ha tra i suoi interessi principali il design industriale accessibile, non solo nei costi, ma anche nell’utilizzo, affinché l’oggetto partecipi realmente alla vita delle persone. Da qui anche il suo interesse per le tematiche ambientaliste. Impossibile fare un elenco di tutti gli oggetti da lui firmati, ma alcuni di questi sono diventati delle vere icone di stile per innovazione e modernità. Due su tutte: Lady, la poltrona (con gommapiuma) realizzata con Arflex nel 1951, e Algol, il televisore Brionvega del 1964 (con Richard Sapper). “Mi interessa dare forma attraverso il progetto a quello che chiamo complessità”, diceva l’architetto milanese, e in effetti ogni suo lavoro mira a essere una sintesi di sperimentazione, innovazione e opportunità, tutte legate in un processo creativo e attento al contesto socioculturale.

Studi per orologi Swatch, 1990. Fondo Alessandro Mendini – Collezione Permanente Triennale Milano. Courtesy Archivio Alessandro Mendini.

MARCO ZANUSO È STATO TRA I PRIMISSIMI AD INTERESSARSI
AI PROBLEMI DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE DEL PRODOTTO
E ALL’APPLICAZIONE DEI NUOVI MATERIALI E TECNOLOGIE
AGLI OGGETTI DI USO COMUNE.

Lo stabilimento Brinel, Brionvega, Casella d’Asolo, 1963-1967, dettaglio della facciata. Foto Marco Zanta.

Il lavoro di Alessandro Mendini si pone oltre il “sistema degli oggetti”, cercando di dare un nuovo significato ai prodotti industriali, marchiandoli con i tatuaggi di una nuova decorazione. È consapevole del predominio degli oggetti nel quotidiano e vuole andare oltre, anche evidenziandone la dimensione artigianale e contemplativa. La sua non è ribellione, piuttosto il desiderio di connotare in maniera emotiva le cose esistenti. Nel 1979, infatti, co-fonda studio Alchimia, con il proposito di creare oggetti ispirati alla cultura popolare e al kitsch, estranei ai parametri di funzionalità legati alla produzione industriale. È indubbiamente più interessato al valore relazionale e narrativo dell’oggetto, che è prima di tutto un significante, il segno visibile e tangibile che rimanda a un’idea. Non a caso Mendini parlava di “romanzatura dell’oggetto”. Iconica è la sua Proust, la poltrona disegnata nel 1978, una seduta in stile Settecento francese che fa il verso agli arredi kitsch di poco valore. E il designer va oltre e, anziché dipingerla in oro, usa la tecnica che ricorda quella dei quadri puntinisti e fa lo stesso con la tappezzeria. La volontà è quella di sovrascrivere il kitsch con qualcosa di ancora più esagerato e, proprio per questo, più raffinato. Dopo 40 anni questa poltrona fa bella mostra di sé in molti salotti, come la seduta di un re che non si prende troppo sul serio. E così sono molti dei suoi oggetti e progetti, tra suggestioni metafisiche – con rimandi a De Chirico – e futuriste – pensiamo al Depero più giocoso. Di base c’è sempre il riferimento ai grandi temi della vita, perché tutte le attività parlano di noi.

Mendini e Napoli
Napoli è la città italiana in cui la mano del milanesissimo Alessandro Mendini è più evidente. Qui, più che altrove, la sua idea di “museo all’aperto” urbano si concretizza in una serie di interventi che non si riducono a un semplice maquillage estetico ma incidono in profondità sullo spazio pubblico. Tra il 1997 e il 1999 Mendini lavora al restyling della Villa Comunale e nello stesso periodo parte il progetto delle Stazioni dell’Arte della metropolitana partenopea, che vede Mendini nel ruolo di coordinatore. Due stazioni, Salvator Rosa e Materdei, portano la sua firma.

La mostra di ADI Museum Design ha il pregio di mischiare le carte, invitando il visitatore a non seguire necessariamente una sequenza, ma offre la possibilità di muoversi come in un ipertesto, cogliendo analogie e divergenze tra queste due grandi figure del design italiano, i cui volti chiudono l’allestimento con due straordinari ritratti di Roberto Sambonet.

(Marco Zanuso and Alessandro Mendini, the Good Design – Barchemagazine.com – Luglio 2022)