L’inchiesta della Guardia di Finanza parla di lavoratori sfruttati, picchiati e sottopagati, impiegati da ditte esterne in alcuni cantieri nautici a La Spezia e in alta Toscana. Cosa si può fare per impedire che succeda ancora? Il bell’esempio di Fincantieri di Muggiano.
by Niccolò Volpati
Partiamo dalla cronaca. Nella prima metà di novembre, la Guardia di Finanza di La Spezia ha concluso una lunga indagine denominata Dura Labor. Il risultato ha portato a otto provvedimenti di custodia cautelare, sette persone in carcere e una ai domiciliari, nei confronti della società G.S. Painting di Ancona. L’accusa è quella di caporalato, ovvero violazione dell’articolo 603 bis del Codice Penale.
La Guardia di Finanza ha definito un “sodalizio criminale” quello di questa ditta, “che conta circa 150 dipendenti, perlopiù extracomunitari di provenienza bengalese, operante presso importanti cantieri spezzini che realizzano yacht di lusso”. I cantieri per cui lavorava G.S. Painting, è bene precisarlo subito, sono anch’essi vittime, quantomeno perché hanno subito un danno d’immagine.
Le vittime principali però sono i lavoratori bengalesi che erano regolarmente assunti e retribuiti, ma poi, sotto minacce e a volte percosse, erano costretti a restituire una parte consistente dello stipendio in contanti alla G.S. Painting. In questo modo, l’azienda appariva del tutto regolare, riuscendo però a sfruttare i lavoratori che venivano pagati 4 € all’ora per fare turni anche di 14 ore. Quali lavori facevano per questi cantieri? I più duri: stuccatori, saldatori e verniciatori. “Purtroppo non è un caso isolato – afferma Lara Ghiglione, segretario CGIL di La Spezia – per questo dobbiamo aumentare i controlli”.
La Camera del Lavoro di La Spezia, dopo il caso G.S. Painting, ha proposto un tavolo di confronto con i cantieri, le Istituzioni e i sindacati. L’obiettivo è quello di cooperare per sconfiggere la piaga del caporalato, incrementando i controlli, proprio perché le minacce dei caporali sono difficili da individuare. “Si tratta dei lavoratori più ricattabili – prosegue Ghiglione – perché oltre al reddito, se perdono il lavoro, perdono anche la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno”. Alcuni esempi virtuosi, o almeno dei tentativi, proprio a La Spezia, ci sono già.
Roberto Vignali, delegato FIOM alla Fincantieri di Muggiano racconta di come, azienda e sindacati, collaborino nell’organizzazione di corsi di italiano per lavoratori stranieri. “Il primo ostacolo è rappresentato dalla conoscenza della lingua – spiega Vignali – perché molti di questi lavoratori non conoscono nemmeno i loro diritti”.
E la collaborazione con Fincantieri non si ferma qui. Vigilano sulla correttezza delle buste paga, sulla regolarità dei pagamenti degli stipendi da parte delle ditte esterne e hanno realizzato dei corsi di formazione per saldatori, stuccatori e verniciatori. “Bisogna ammettere che sono lavori faticosi e quindi all’inizio non si è presentato nessuno. Sono pochi i giovani italiani che vogliono fare questi mestieri – racconta Vignali – poi abbiamo coinvolto la Caritas che ha indirizzato molti giovani stranieri disposti a imparare un nuovo mestiere”. Fincantieri si preoccupa di formarli e poi chiede alle ditte esterne di assumere questi lavoratori.
Il caporalato è una piaga. Lo sfruttamento di lavoratori ridotti in semi schiavitù è insopportabile, purtroppo un male comune, che Istituzioni, cantieri e sindacati devono affrontare insieme.
Serve aumentare i controlli sulle aziende esterne, non facili, perché, per esempio nella G.S. Painting, i caporali che minacciavano i lavoratori erano essi stessi bengalesi e il consulente del lavoro non era nemmeno iscritto all’albo. Spesso, sostiene la Guardia di Finanza, quelli che si propongono come consulenti del lavoro sono in realtà dei consulenti all’illegalità. Insegnano alle ditte come apparire legali e perpetrare invece lo sfruttamento del lavoro nero. Serve collaborare per aumentare i controlli, ma servirebbe anche dare un segnale importante.
“Abbiamo proposto ai cantieri – afferma Ghiglione – di assumere direttamente i lavoratori della G.S. Painting, proprio per evitare che siano loro a rimetterci”. Potrebbe trattarsi anche di un’assunzione indiretta, nel senso che le aziende, nella ricerca di un’altra ditta che sostituisca la G.S. Painting, potrebbero chiedere anche di assumere i lavoratori bengalesi.
Altrimenti, oltre a perdere il lavoro, rischieranno di perdere anche la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno. L’attuale normativa in tema d’immigrazione, infatti, vincola il rinnovo del permesso all’assunzione. Se questa viene a mancare si rischia di diventare clandestini a tutto vantaggio dei caporali e di chi sfrutta il lavoro nero. In attesa di una revisione della legge, che riduca il potere di ricatto nei confronti dei lavoratori stranieri, le parti sociali potrebbero dare il buon esempio.
Anche il Governo, come giustamente afferma Confindustria Nautica, dovrebbe considerare molto di più il comparto nautico perché non è vero che la nautica è solo una cosa per ricchi. La nautica porta posti di lavoro che dovrebbero essere incentivati e sostenuti. Questo problema si è verificato, come in tanti altri settori, con le persone che affrontano i lavori più duri, che nessuno oggi vuole più fare. Per questo si creano queste situazioni di sfruttamento. Tutti gli attori in gioco dovrebbero riflettere sull’importanza delle maestranze, sull’importanza di non perdere queste tipologie di lavoro, ma di farle crescere, sostenendole anche economicamente come formazione. Proprio le aziende che hanno subito un forte danno d’immagine da questa situazione, potrebbero dimostrare, con i fatti, che non c’è spazio per il caporalato nei cantieri nautici che realizzano imbarcazioni da diporto.
(Uomini e Caporali: Operazione “Dura Labor” – Barchemagazine.com – Novembre 2020)