Nella suggestiva cornice di Granville Island, abbiamo incontrato Ron Holland che ci ha raccontato le sue passioni, la sua quotidianità e parlato del nuovo progetto da 41 metri
by Bruno Cianci – photo by Bruno Cianci, Perini Navi Cup and Ron Holland Design
IN UN TEMPO NON MOLTO LONTANO GRANVILLE ISLAND era il cuore pulsante di una città che, prima di adottare il toponimo Vancouver nel 1886, si chiamava proprio Granville, dal nome del politico liberale George Leveson-Gower, conte di Granville. Oggi quest’isola si identifica con un distretto dove, in quattordici ettari, hanno sede quasi trecento attività commerciali: tra queste, negozi d’artigianato, birrerie, caffè, ristoranti e spacci alimentari dove si possono trovare anche vini italiani e formaggi freschi francesi. Inoltre, Granville Island è la sede di varie compagnie teatrali, di un boutique hotel e di gallerie d’arte, oltre che di un grande mercato pubblico, di una marina attrezzata e di uffici.
Il progettista neozelandese Ron Holland ha trasferito proprio a Granville Island la propria attività dopo un lungo periodo a Cork, in Irlanda, paese che l’aveva adottato nel 1974 e dal quale poteva gestire con facilità la clientela europea. In quegli anni Holland riuscì a guadagnarsi una reputazione di assoluto rispetto grazie a Imp, a Golden Apple, a Silver Shamrock e a molte altre barche. Poi, nel 1980, Kialoa e Condor diedero via alla filosofia che portò questo yacht designer autodidatta a ricevere ordini per yacht sempre più grandi. Whirlwind XII, del 1986, fu la sua prima barca di oltre 100 piedi. Oggi, oltre un terzo dei 50 yacht a vela più grandi al mondo porta la firma Ron Holland Design: molte sono state costruite da Perini Navi, mentre Mirabella 5 (che vanta l’albero in carbonio più alto al mondo, con i suoi 88,30 metri) è stata realizzata da Vosper Thorneycroft.
La scelta di Ron di trasferirsi a Vancouver è del 2012 e coincise con quello che potremmo definire il “raggiungimento dell’età pensionabile”. Per certi versi il trasloco in Canada fu la conseguenza di una forte nostalgia – verosimilmente dovuta all’età avanzata – nei confronti del Pacifico, l’oceano su cui mosse i primi passi di velista e di progettista. Ron Holland ha iniziato a navigare su barche piccole e ancora adesso, pur avendo disegnato grandi motorsailer ed Explorer yachts, quest’uomo vispo e loquace, classe 1947, non perde occasione di farsi un giro sul suo minuscolo Coronado 25 Kia Aura. La sua giornata tipo, però, non prevede veleggiate, giacché riserva quest’attività a qualche sparuto weekend.
Giornalmente Holland lascia il suo appartamento panoramico di English Bay, e cammina per venti minuti fino a una banchina dalla quale, per mezzo di un servizio di barche elettriche, si trasferisce a Granville Island, al civico 1650 di Duranleau Street. Lì, assistito da Holly e da una stagista neozelandese, Ron si dedica al nuovo progetto di 41 metri di lunghezza per nove di baglio massimo. In anteprima abbiamo potuto vederne i disegni. «Si tratta di una goletta che sarà dotata di un salone sopraelevato, di una grande cabina armatoriale a centro barca e di cabine VIP dotate di pareti mobili. Il committente è l’armatore di uno yacht di 28 metri che sta facendo il giro del mondo, la cui idea è di continuare il viaggio con la nuova barca nel 2022». Questa primavera sarà reso noto il cantiere che la costruirà. Negli stessi mesi, inoltre, sarà varato il quarto scafo di Perini Navi da 60 metri firmato Ron Holland Design, modello di cui Seahawk è il capostipite. Perini Navi è per Holland sinonimo di Perini Navi Cup, un evento cui cerca sempre di partecipare.
«Vedere tante mie barche insieme mi procura sempre una certa emozione. Sono ben dieci i motorsailer Perini di 56 metri che ho disegnato io, e in più ci sono tutti gli altri yacht. La Sardegna, poi, è una delle isole che ho più amato; la mia prima volta in Italia, nel 1973, fu proprio a Porto Cervo, dove presi parte alla One Ton Cup su Ganbare di Doug Peterson».
Dopo avere sbirciato dalla finestra dello studio e constatato che i vessilli si agitano in una brezza vivace, Ron ha raccolto il nostro auto-invito a farci una veleggiata, visto che Kia Aura si trova dietro l’angolo. E così, in una splendida giornata di settembre, dopo averlo aiutato a portare a bordo generi di conforto e cuscini per il pozzetto («non li tengo più in barca perché me li hanno già rubati», si giustifica lui), molliamo gli ormeggi per dare inizio alla gita.
Una volta spento il fuoribordo e issate le vele, lui ci mostra il palazzo in cui abita, quando lo abbiamo al traverso. Le parole successive le dedica alla “sua” Vancouver: «Il giorno del mio arrivo in città sono stato colto da un malore da cui mi sono ripreso a fatica». Pur conoscendolo bene, apprendiamo la cosa per la prima volta e, finalmente, ci spieghiamo il perché di una sua difficoltà a pronunciare le parole come vorrebbe. Di quando in quando poi, come se non bastasse, la voce è coperta dallo sciabordio dell’acqua che scorre lungo l’opera viva dello scafo o dal rumore delle manovre: il fiocco che fileggia durante le virate, i verricelli che stridono, gli oggetti che cadono nel pozzetto quando si cambiano le mura. Quando transitiamo sotto al Lions Gate Bridge, ponte iconico inaugurato nel 1938, Ron si mette in posa per qualche scatto più scenico dei precedenti, dimostrando una certa timidezza.
L’immagine che ne esce è quella di un uomo umile, ma realizzato, in pace con se stesso e con la vita. «Di positivo c’è che da quel “contrattempo” dedico più tempo a me stesso: leggo molto, soprattutto storie di mare, come Beyond Boundaries del mio amico Des Kearns, e libri d’altra natura, come Source di Joseph Jaworski, un altro caro amico. Quando posso, poi, salgo su un aereo per fare visita alle mie figlie e ai miei sei nipoti che vivono in tre continenti diversi: America, Europa e Oceania».
Le ultime parole della nostra intervista sono tutte per la sua terra natia e per il Pacifico, della cui vista Ron gode ogni giorno dalle finestre di casa. «Laggiù, a 6.000 miglia c’è la Nuova Zelanda». Lo sguardo si fa allora più assente e il tono più dimesso, mentre le emozioni sembrano coglierlo un po’ alla sprovvista. Per ragioni che non è dato di sapere – e che forse neanche lui sa spiegarsi – la “sua” isola, quella delle origini, non gli è mai sembrata tanto vicina.
(Ron Holland, le isole di Ron – Barchemagazine.com – Marzo 2020)