Matteo Thun è il fondatore di uno studio di architettura e design multiculturale con sede a Milano e filiali a Shanghai e Monaco. Opera a livello internazionale e sviluppa progetti di hospitality, residential, headquarters, retail, urban design e master planning. Per la nautica ha immaginato un’isola navigante
by Claudia Giulia Ferrauto
CUORE ITALIANO, FAMA INTERNAZIONALE, SPIRITO ALTOATESINO. L’architetto Matteo Thun, nell’arco di quarant’anni di professione, ha abbracciato con successo design e architettura. Un esordio brillante lo vede tra i cofondatori del gruppo Memphis e lo studio Sottsass Associati. Aprirà poi il suo primo studio nel 1984, per dare infine vita a quello che, dal 2001 a oggi, è Matteo Thun & Partners. Ha dimostrato nel corso del tempo una versatilità che si è saputa misurare con oggetti, materiali e spiriti diversi. Dalle ceramiche, agli Swatch, dall’edificio delle Nazioni Unite di Ginevra, agli showroom per la Porsche, passando per il famoso Virgilius Mountain Resort di Merano.


HEADQUARTERS, HUGO BOSS
La costruzione gioca in modo allegorico con il marchio. Il volume vetrato, avvolto da un reticolo in legno che funziona come ombreggiante, è un simbolo dei prodotti tessili dell’azienda e un dispositivo che mitiga il rapporto tra il paesaggio e l’edificio. Un’opera di architettura, progettata in una sequenza di strati che regolano un clima e un comfort in una sorta di diaframma esterno che agisce come un filtro per la luce solare verso l’interno.
Negli ultimi trent’anni è tra le figure di spicco nella hospitality per categorie molto diverse, dal Marriot a Venezia, al Waldhotel Buergenstock, passando poi per diversi headquarters, da Hugo Boss a Barilla, senza dimenticare il design che tocca i più famosi brand da Illy ad Artemide. Matteo Thun progetta infatti “dal cucchiaio alla città” con uno slancio interdisciplinare che lo ha portato a vincere per ben tre volte il Premio Compasso d’Oro ADI. Ma la lista di premi e progetti è davvero lunga, basti dire che è stato inserito nella Interior Design Hall of Fame di New York già nel dicembre 2004.

MatteoThun&Partners Waldhotel©AndreaGaruti.

Ritratto
L’architetto Matteo Thun (Bolzano, 1952) è nato e cresciuto nella regione bilingue tedesco/italiana dell’Alto Adige. Ha avuto come maestri Oskar Kokoschka ed Emilio Vedova alla Salzburg International Summer Academy of Fine Arts. Laureato in Architettura all’Università degli Studi di Firenze nel 1975. Si trasferisce a Milano nel 1978, dove conosce Ettore Sottsass. Nel 1980 è tra i cofondatori del Gruppo Memphis. Nel 1984 apre il suo studio a Milano. Nel 2001 fonda Matteo Thun & Partners, che oggi ha sede a Milano, Shanghai e Monaco (Germania). Tre volte Compasso d’Oro ADI per l’Eccellenza del Design, oltre al Good Design Award e il Simon Taylor Award for Lifetime Achievement, entrambi nel 2011. È stato inserito nella Interior Design Hall of Fame di New York nel dicembre 2004 ed è membro della RIBA, Royal Association of British Architects.
Le domande su anni di lavoro così onnivoro, meticoloso e creativo potrebbero essere tante, ma è certamente una tentazione impossibile cui resistere quella di non chiederle dei suoi esordi nello studio Memphis. Che cosa le resta di quell’esperienza? L’11 dicembre del 1980, quindi esattamente 40 anni fa, abbiamo fondato lo studio Memphis. Lo spirito disruptive, ovvero di volontà di innovazione, e il rifiuto di qualsiasi atteggiamento nostalgico e retorico permane, non è cambiato nulla per me, come per molti di noi. Purtroppo Shiro Kuramata, come altri preziosi del gruppo, è mancato tempo fa, ma lo spirito del gruppo permane. Certamente in me resta vivo nel mio modo di affrontare le sfide progettuali.



Vigilius Mountain Resort – Merano
L’hotel, che si trova a 1.500 metri di altitudine nelle Alpi sopra Merano, è accessibile solo a piedi o da una funivia. Il Vigilius Mountain Resort, che è un’estensione dell’esistente Vigiljoch Hotel, è una lunga struttura a due piani (più seminterrato) che corre da nord a sud, seguendo il profilo della montagna e dei suoi sentieri. Il progetto è una moderna reinterpretazione delle tradizioni costruttive locali, utilizzando pietra, legno, argilla e vetro. Ogni stanza ha una parete in argilla tra il bagno e la camera da letto che serve a regolare la temperatura dell’ambiente. La sua massa termica assorbe il calore irradiato nei mesi invernali e immagazzinato in estate per rinfrescarsi. Il tetto verde calpestabile impedisce il surriscaldamento. Le grandi finestre raccolgono l’energia solare in inverno. Un lungo brise-soleil orizzontale corre lungo tutta la lunghezza della facciata fornendo ombra nella stagione calda. Sono stati integrati pannelli radianti sia sui muri in argilla sia nei pavimenti del bagno. Un sistema di recupero del calore e ventilazione geotermica è integrato con le finestre a tripli vetri nelle camere.
Parlando di sfide, lei ne ha accolte molte nella sua vita professionale spaziando dal design fino all’architettura con ottimi esiti e grande coinvolgimento, ma c’è un ambito che predilige? Quello che amo fare è quello che faccio. Ogni giorno, di volta in volta. In questo momento siamo impegnati, tra le altre cose, allo sviluppo di tre cliniche: in Costa Azzurra, in Bavaria e a Berlino. E non siamo solo sensibilizzati da una pandemia in questo, ma da una strategia volta a riorganizzare le nostre infrastrutture sociali, motivo per cui il know how acquisito in questi anni nei progetti di hospitality degli hotel viene oggi trasferito agli ospedali.
In che modo si affiancano e in quale divergono sul piano progettuale, queste due forme di ospitalità? Le due tipologie di accoglienza non sono così distanti e in fondo hanno la stessa radice, dal latino hospes, ospite. La differenza principale è dovuta chiaramente all’uso del tempo e dello spazio in questi ambienti. In un caso ci si sveglia presto con un ciclo di cose da fare legate a orari e ritmi necessari per le cure e i check clinici, ma questi si possono riorganizzare, si possono rendere i clienti/pazienti partecipi e lo stiamo facendo anche in maniera digitale.


Il campus Waldkliniken Eisenberg è stato progettato con l’obiettivo di promuovere la relazione con la natura e il benessere degli ospiti. La pianta circolare ha la superficie della facciata rivestita in legno locale. Lo spazio offre 128 stanze di degenza e 246 posti letto. Il linguaggio del design combina l’estetica dei progetti di hospitality con le esigenze del settore sanitario.



Waldkliniken Eisenberg, Turingia
Waldkliniken Eisenberg è il più grande centro ortopedico in Germania con una cattedra di ortopedia di fama internazionale presso l’Università di Jena, nel centro del distretto di Saale-Holzland nella Foresta della Turingia. L’architettura e l’interior design del nuovo campus Waldkliniken Eisenberg rispondono all’idea dello studio Thun grazie alla quale “Il paziente diventa un ospite!”. Il Ministero della Turingia ha lodato questa struttura per il suo concept ecologico, sostenibile ed economico.
Interessante, mi faccia capire meglio. Lo stiamo facendo ad esempio nell’ospedale vicino a Berlino, un ospedale pubblico di ortopedia. Qui il paziente quando entra riceve un tablet, dove può visualizzare tutti i dati che spiegano ciò che ha fatto e andrà a fare, e nella sua permanenza come paziente/ospite. Ma sono dozzine le soluzioni del genere che stiamo applicando e abbiamo solo la difficoltà di soddisfare le richieste che ci provengono.
Un modo di progettare che rimette le persone al centro di ogni processo, fino alla sfera digitale e di comunicazione, e quindi di consapevolezza, una visione dell’architettura a tutto tondo, splendida ma soprattutto innovativa. Molto, ma è difficile da digerire se poi pensiamo a quante strutture esistenti in Italia, finite, pronte per esser aperte, non sono mai state rese operative. Una situazione di grande disagio che non ha nulla a che fare con gli eventi recenti e che le persone non si meritano. Lascia senza parole. C’è ancora molto da fare.
A proposito di fare, poco fa mi parlava della necessità di riorganizzare le nostre infrastrutture sociali, in occasione della pandemia, ma non solo, vorrei tornare su questo argomento. Nella sua carriera il file rouge che, soprattutto negli ultimi anni, ha caratterizzato la sua attività è indissolubilmente legato al tema della sostenibilità. Quest’anno abbiamo imparato una volta di più come un habitat violato o il mancato rispetto del suo ecosistema venga pagato sulla nostra pelle.



Winery Guest Houses Longuich
L’architetto Matteo Thun, seguendo un approccio olistico, ha supportato il progetto seguendone la pianificazione e la realizzazione. Incorporati tra gli alberi da frutta troviamo le nuove case, un ristorante da 70 posti, un nuovo edificio e la casa principale che offrono un soggiorno immerso nella natura. (Longuich, Germania, 2010-2012; 900 m² area edificabile, 5.700 m² paesaggio).
Lei si occupa da anni di healthy living e approccio green nei suoi progetti. In che modo l’architettura e il design, oggi e in futuro, dovranno tenere maggiormente in conto l’impatto ambientale e la sostenibilità? Ci sono diversi aspetti, ma credo che se vogliamo parlare di sostenibilità dobbiamo innanzitutto ricordarci il senso di questa parola. Poter sostenere vuol dire in prima istanza potersi permettere finanziariamente una cosa, ancor prima della sostenibilità ecologica.

Matteo Thun & Antonio Rodriguez TheTwins Shanghai©Dirk Weibl.
Motivo per cui io credo che, attenendomi in questo momento all’ambito della rivista e parlando quindi di navigazione e di propulsione, in futuro l’idrogeno, soprattutto per la grande navigazione, sarà un passaggio obbligatorio. Una cosa che mi lascia molto perplesso è che le barche si costruiscono ancora in funzione dei nodi e della velocità, viaggiare a 30 nodi in mare è semplicemente assurdo a mio avviso, ed è legato, non ultimo, a un’idea di peso dove, nonostante tanti miei colleghi siano bravissimi, molti altri curano l’interior come se fosse una villa galleggiante. E il tema del peso è indissolubilmente legato al tema della velocità, al layout e alla flessibilità del layout che oggi è prossima allo zero. Non parliamo poi degli elicotteri. Mi viene in mente una scena cui ho assistito, di un elicottero che atterra sul suo splendido yacht e poi sparisce in pochi minuti inghiottito dalla prua. Energia, peso, volumi. Queste sono tutte considerazioni che mi portano a riflettere a cosa vorrei per la mia famiglia, per il futuro in generale, pensando a una visione di impatto ambientale completamente diversa. E le direi, un’isola galleggiante.

ILLY cup
Collezione di accessori da bar per IllyProduct Food & Beverage (2006).

Rara Avis
Rara Avis Collection (Memphis design / Matteo Thun). Il coraggio di infrangere le regole, di mettere in discussione le convenzioni, di progettare in modo diverso. Una mente incessantemente indagatrice che genera nuovi estremi del linguaggio come alternativa al funzionalismo prevedibile e privo di fantasia. Lo spirito del Gruppo Memphis, di cui Matteo Thun è stato co-fondatore.
Mi può spiegare meglio? È una visione che si è fatta sempre più solida nel tempo, perché ho una casetta a Capri e davanti a me, a Marina Piccola, vedo una sfilata di barche che mi fa pensare al futuro del nostro pianeta. Vorrei un’isola galleggiante dove bambini piccoli e grandi possono sostare, legati a un sistema, una specie di network di destinazioni, che si potrebbe chiamare “le mappe del paradiso”, legate a chi vuole la natura, chi vuole la vita sociale, chi una vicinanza alle città. Ci vorrebbero delle super boe e super ancore, posizionate a una giusta distanza tra loro, variabili anche in base alle condizioni climatiche, dove poter attraccare con le isole. E sarebbe anche una soluzione che porterebbe lontano dalla mafie delle ancore all’interno dei porti dove ci si trova a un metro e mezzo dal vicino, senza privacy, né libertà di movimento e infatti questo porta già oggi molti lontano dai porti.

Laguna
Laguna is a collection of accessories, shower cubicles, bathtubs, taps and bathroom fixtures. The range, designed for private projects, was developed over more than two years and features simple shapes, warm colours and high-quality materials.
Come mai la chiama isola galleggiante e non barca? Perché è più larga che lunga, fa un massimo di 10 nodi, ha una propulsione completamente diversa e non più di mille cavalli, e quindi stabilisce un rapporto diverso con la natura circostante, che sia in Nuova Guinea, o alle isole Cook in Costa Rica, tutte destinazioni in cui sono stato e in cui ho immaginato sarebbe stato bello avere un’isola galleggiante.
Ha un’idea piuttosto chiara, a questo punto sono tentata di chiederle, in che materiali se la immagina costruita? Fatta come le barche dell’antico cantiere Aprea, in legno. Ma è un’idea più che una proposta concreta, un pensiero poco praticabile me ne rendo conto, soprattutto nell’ottica dei grandi cantieri nel mondo. Ma l’idea viene da un’osservazione che faccio da oltre vent’anni guardando il mare dalla casa a Capri. Vedo queste barche lunghe, splendide, di 100 e passa metri, che arrivano, si fermano per dieci giorni o tre settimane, e stanno all’ancora, non si usano, stanno lì. Come avere una Ferrari e tenerla ferma parcheggiata.
Sarei curiosa di vedere la sua idea, ha un disegno? No, ma se faccio in tempo le faccio uno schizzo.
Il tempo per le domande invece è finito, l’intervista si chiude lasciando intatto quel senso di curiosità che regalano in genere i Maestri. Ci salutiamo con la promessa di un disegno. Una promessa soddisfatta perché Matteo Thun quel tempo per lo schizzo, per BARCHE, l’ha trovato.

Isola galleggiante
“Isola galleggiante”. L’idea alla base di questo concept è quella di una navigazione rinnovata, non solo nella forma, ma soprattutto sotto l’aspetto della propulsione e dei materiali costruttivi. Un’idea provocatoria per riflettere su una diversa modalità di vita in mare e un migliore dialogo con la natura. Questo schizzo è un cortese omaggio che l’architetto Matteo Thun ha fatto per la rivista BARCHE.
(Matteo Thun, disruptive spirit – Barchemagazine.com – Marzo 2021)