Una progettazione innovativa per un super yacht che ha visto lavorare a quattro mani lo studio di ingegneria Verme e l’archistar del Sol Levante Atsushi Kitagawara
by Francesca Ciancio
Mugen è una parola giapponese e sta per infinito. Proprio come il mare. Dare questo nome a un progetto per uno yacht potrebbe suonare piuttosto impegnativo e nei fatti l’idea di un’imbarcazione nata dall’incontro del team di progettazione Verme e l’archistar giapponese Atsushi Kitagawara, impegnativa lo è. Ma è al contempo affascinante grazie proprio a questo incontro di differenti modi di intendere lo spazio e il design tra cultura occidentale e orientale. La sfida era quella di creare un superyacht che unisse le due anime e che queste potessero andare per mare insieme. Ecco così nascere Mugen nello studio di progettazione a Lavagna, in provincia di Genova, sede del team Verme.
Lo spazio principale di Mugen è vuoto, senza una funzione specifica, ma con infinite possibilità di adattamento alle esigenze dell’utente in qualsiasi momento, passando da soggiorno a sala da pranzo, da spazio espositivo a zona di coworking, da palestra a sala da tè.
L’ingegnere Massimo Verme è a capo della struttura e ci racconta il primo contatto con il paese nipponico: «Il primo passo verso la cultura giapponese lo abbiamo fatto quando ci è stata data la possibilità di sviluppare – per conto di Benetti – il progetto per l’imbarcazione che si potrebbe definire ambasciatrice per le Olimpiadi Tokyo 2020. Il Tokyo Metropolitan Government ha commissionato in Italia progettazione e costruzione e il nostro studio è stato selezionato per lo sviluppo dell’intero progetto. Abbiamo così seguito la costruzione fino alla consegna della barca. Era la prima volta di un appalto non giapponese nella storia della città di Tokyo e la governatrice è rimasta entusiasta. Ancora oggi quella barca è nella baia della capitale ed è usata come imbarcazione per il trasporto pubblico. Da lì è nato il rapporto con il grande architetto Atsushi Kitagawara».
Professore presso la Tokyo University of the Arts, Kitagawara è una vera star in Giappone grazie alle decine di premi vinti anche all’estero. La sua è riconosciuta come un’architettura della coesistenza. Nei suoi edifici gli elementi di grande razionalità e affidabilità costruttiva – primo fra tutti l’affermato expertise nella progettazione di strutture a elevata resistenza antisismica – convivono infatti con una spiccata propensione all’espressività plastica delle forme. Esempio perfetto di questa filosofia progettuale è stato il Padiglione del Giappone per l’Expo 2015 di Milano.
Così per Mugen il “tandem” Verme- Kitagawara si è diviso i compiti: styling esterno e ingegneristica affidata alla società italiana e decoro interno e layout al team giapponese. «Sono rimasto molto colpito dall’apertura mentale dell’architetto Kitagawara – racconta l’ingegnere italiano – nonché dalla sua umiltà nell’avvicinarsi a un mondo – quello delle barche – a lui sconosciuto. Così abbiamo iniziato a raccontargli il modo di vivere a bordo, ovviamente da una prospettiva occidentale. Il professore ha fatto sue queste nozioni e le ha declinate in stile orientale».
Altro importante ideale dell’estetica giapponese è il Miyabi, che significa eleganza, raffinatezza e luminosità. È il termine più comprensivo per descrivere l’estetica del periodo Medievale Heian in Giappone. Nei Templi e nei Palazzi Imperiali di Kyoto (antica capitale) è ancora oggi possibile ammirare numerose opere d’arte ed elementi architettonici che richiamano il Miyabi.
Così il superyacht Mugen porta in mare alcune delle regole più importanti della cultura del Sol Levante: dare più spazio agli ospiti che all’armatore, perché secondo tradizione i primi vanno accolti nel miglior modo possibile; rendere declinabili gli spazi con un concetto di metamorfosi spaziale, reso possibile con pannelli e paratie non fissi; ambienti dedicati alla cerimonia del tè e alla meditazione per offrire un’idea diversa di relax.
MUGEN È L’IDEA DI UN’IMBARCAZIONE NATA DALL’INCONTRO DEL TEAM
DI PROGETTAZIONE VERME E L’ARCHISTAR GIAPPONESE ATSUSHI KITAGAWARA. UNO STUDIO DI DIFFERENTI MODI DI INTENDERE LO SPAZIO E IL DESIGN TRA CULTURA OCCIDENTALE E ORIENTALE.
Lo spazio principale di Mugen diventa quindi uno spazio vuoto. Uno spazio senza una funzione specifica, ma con infinite possibilità e che può adattarsi alle esigenze dell’utente in qualsiasi momento, passando da soggiorno a sala da pranzo, da spazio espositivo a zona di coworking, da palestra a sala da tè. Le finestre a tutta altezza che collegano lo spazio interno ed esterno, permettono di sentire la presenza dell’ambiente circostante, così le scale che portano direttamente all’acqua.
Nella realizzazione di Mugen ha giocato un ruolo importante il saggio di Tanizaki Sun’ichirò, “In Praise of Shadows” (1933) dove lo scrittore giapponese descrive la bellezza del tokonoma (piccola alcova rialzata) nella tradizionale casa da tè giapponese come “Uno spazio vuoto… delimitato da legno semplice e pareti lisce, in modo che la luce attirata in esso formi fioche ombre nel vuoto (…)”.
Com’è noto il Giappone vanta una millenaria tradizione marittima e da sempre si è distinto come un popolo di grandi navigatori sia all’interno, sia nel sud-est asiatico, con una tecnologia navale importante, rappresentata principalmente dal “wasen”, nave di tipo giapponese per la movimentazione e la pesca, nonché dalle “atakebune”, le navi da guerra più grandi del Giappone realizzate a cavallo tra il XVI e il XVII secolo.
«Questa miscelazione di conoscenze e culture di origine differenti dalla nostra – spiega Verme – ha portato alla realizzazione di un prodotto capace di soddisfare a pieno una clientela sofisticata, di nuova generazione, attenta non solo al divertimento a bordo, ma che concepisce lo yacht anche come un luogo di ritiro e meditazione. Esempio calzante è la cabina relax sul ponte inferiore che è a contatto con il mare. Così come le luci soffuse e questo design interno/esterno senza soluzione di continuità, proprio per offrire l’idea di armonia. Questa concezione di flessibilità e di spazi condivisi è molto giapponese e a noi è piaciuta molto. Il progetto per ora è su carta ed è al vaglio di broker e cantieri per la sua realizzazione. Non sarà comunque uno yacht inferiore ai cinquanta metri».
Il confronto tra Italia-Giappone si è mosso dunque sul terreno della filosofia, in particolare su quella Wabi-Sabi, che abbraccia modestia e imperfezione. Wabi evoca crudezza, bellezza naturale, semplicità e potrebbe anche essere spiegato con la contemplazione del vuoto e dell’impermanenza. Sabi connota la patina del tempo, la bellezza che emerge con il passare del tempo.
Altri importanti ideali dell’estetica nipponica sono poi il Miyabi, che significa eleganza, raffinatezza e luminosità e l’Omotenashi, ovvero vivere l’ospitalità giapponese che può essere intesa come prendersi cura degli ospiti con tutto il cuore, senza alcuna aspettativa in cambio. Tutti concetti che ritroviamo in Mugen, un’imbarcazione che diventa un’esperienza unica in cui lo spazio si evolve, cambia e si adatta per servire gli ospiti nel migliore dei modi.
Negli edifici di Kitagawara
gli elementi di grande razionalità convivono con una spiccata propensione all’espressività plastica delle forme.
(Massimo Verme and Atsushi Kitagawara, le metamorfosi di Mugen – Barchemagazine.com – Settembre 2022)