Dai ricordi dell’infanzia all’amore per le barche, Massimiliano Scotti racconta la sua vita di gelatiere all’improvviso, tra inaspettate collaborazioni e premi prestigiosi
by Francesca Portoghese – photo by Francesca Zaccaria
«ALCUNI TI AMERANNO PER QUELLO CHE FAI, ALTRI TI ODIERANNO PER LA MEDESIMA RAGIONE. Questa è la vita. Ma, alla fine, sai che c’è?
È una gran figata». È lui a dirlo, Massimiliano Scotti, miglior chef gelatiere d’Europa, che ha dato una svolta decisiva alla sua vita quando ha deciso di abbandonare una carriera nel mondo dell’editoria per dedicarsi al gelato. Aveva 40 anni. Una scelta che non arriva a caso o per noia, che nulla ha a che vedere con la voglia di cambiare, ma che insegue solo il desiderio di riuscire a fare la differenza. Massimiliano diventa gelatiere e lo fa in grande stile, ma quella strada gliel’aveva già indicata, molti anni prima, la smodata passione per il cibo respirata da sempre in famiglia, insieme all’amore per il mare e per la navigazione.
Massimiliano Scotti è nato in mezzo al mare, ha trascorso le sue vacanze d’infanzia in barca, col tempo scandito dal profumo dell’aria salmastra e dalle lunghe navigazioni. Era solo un bambino e i suoi genitori gli stavano inconsapevolmente regalando la prospettiva di un futuro già scritto. Massimiliano ha una giovane storia tutta da raccontare, ricca di gusti e profumi evocativi che riportano indietro nel tempo. Il suo è un successo repentino quanto meritato, che, dalla scommessa iniziale, ha cominciato a gratificarlo nella vita e nel lavoro, dai premi importanti alle prestigiose collaborazioni con chef del calibro di Gualtiero Marchesi e Carlo Cracco, fino alle tantissime partecipazioni in programmi di cucina di molte reti televisive. Federico Fellini diceva che l’unico vero realista è il visionario. Facile traslare questa frase dell’indimenticato regista al lavoro di Massimiliano, che riempie i suoi gelati con eccellente qualità mista ad una creatività che ha sempre il sapore della sfida.

«Il gelato nasce in Italia nel 1500 e fa parte della nostra cultura da sempre. Non è necessario essere bambini per emozionarsi davanti ad un gelato, perché il gelato è una carezza e le carezze fanno bene a qualunque età».
Lo incontro nella sua gelateria Vero Latte, affacciata sulla bellissima e suggestiva Piazza Ducale di Vigevano. Non ho bisogno di aprire il mio taccuino per leggere le domande che voglio fargli: lui mi anticipa e comincia a raccontare. Anzi, comincia a ricordare. Perché se Massimiliano è diventato gelatiere lo deve al suo passato, alle emozioni che i suoi genitori gli hanno permesso di vivere, anche se un giorno papà Vittorio, parlando di questa sua passione, gli disse: «È il mestiere più bello del mondo, ma fallo fare agli altri». E lui così ha fatto, fino a quando però, in sella alla sua motocicletta, accompagnato da sua moglie Elisa, ha deciso.

La mattina mi sveglio con cento idee nella testa. Lavorandoci tutto il giorno, queste idee diventano dieci e, alla fine, ne realizzo una che nasce dall’entusiasmo del lavoro di squadra.
Un gelatiere che ama il mare e che ha il mare negli occhi. La vela è nel mio Dna. Nato nella cultura del cibo e del mare, a otto anni navigavo con i miei genitori e ogni attracco era l’occasione per scoprire i sapori del luogo. Scendevamo in banchina da un Ferretti Craft Altura 42 che si chiamava Nike, come la Dea della Vittoria, nome scelto da mio padre, o da un Sangermani 24 metri. I miei mi portavano alla scoperta dei migliori ristoranti, ma spesso ero l’unico bambino al tavolo e mi annoiavo. Allora mi avventuravo nelle cucine e me ne andavo in giro ad osservare e ad ascoltare le storie dei ristoratori, come quella volta in cui il proprietario dello storico Pitosforo di Portofino mi raccontò come fosse nato il mio piatto preferito, la pasta alla Portofino, pasta corta, condita con crema al pomodoro e crema di basilico. La barca di un famoso armatore aveva attraccato in porto, erano le due del mattino. Tutti gli ospiti scesero a terra perché volevano mangiare un piatto di pasta, ma a quell’ora il cuoco non aveva abbastanza ingredienti per tutti. Pensò bene, allora, di unire pomodoro e pesto e nacque un piatto destinato a restare a lungo nel menu. Puntualmente, al rientro da queste vacanze, io correvo da mia nonna, mi mettevo con lei ai fornelli e la obbligavo a replicare quello che mi era piaciuto di più. Credo di essere stato l’unico bambino a conoscere il Cappon Magro (piatto ligure a base di pesce e verdure). Attraversando il mare, ho imparato a mangiare e ad amare la Bouillabaisse (una zuppa di pesce francese), o la Paniscia (un risotto ricco di verdure, legumi e salumi) che mio padre, novarese doc, preparava in barca, facendo la felicità non solo nostra, ma di tutte le barche in rada. Anche se in cambusa non mancava una ricca scorta di salame, rigorosamente avvolto in un panno imbevuto di vino.

Il mio gelato allo zafferano è fatto con crumble di Tortionata, una torta tipica lodigiana, e chips di riso Carnaroli della Riserva San Massimo.
Dalla cultura della cucina all’amore per il gelato, passando per una carriera nell’editoria. Fino a 40 anni ho lavorato nel mondo dell’editoria, seguendo le orme di mio padre e ottenendo anche grandi soddisfazioni. Ma sapevo che quella non era la mia strada. L’amore per il cibo continuava a sedurmi da lontano, ma non avrei mai improvvisato, dovevo avvicinarmi a quel mondo solo se avessi potuto fare la differenza. Nella ristorazione, emergere e brillare senza avere alle spalle un’importante gavetta non è semplice. Mi mancavano le delicatezze di uno chef che aveva fatto quel mestiere e mi mancava aver pelato le patate. Allora mi sono fatto ispirare da quello che mi piaceva e ho capito.
Perché il gelato? Perché lo amo. Da bambino, non mi piacevano i dolci, ma provavo gioia quando mangiavo il gelato. Poi, io e mia moglie Elisa, con cui condivido la vita da quindici anni, avevamo inventato la nostra cena gelato: partivamo in moto, una BMW R 90/6 del 1973, un’altra delle mie grandi passioni, alla volta di Milano o Torino per fare tappa in cinque o sei gelaterie, seguendo un iter ben preciso per assaggiare ogni volta un gusto diverso. Durante una di queste cene, scherzando, le ho detto: quasi quasi apro una gelateria! Lei mi ha risposto: sì, fallo! Mi sono messo a studiare, ho fatto tantissimi corsi, e ho deciso che dovevo tornare a fare il gelato come si faceva una volta. Sono andato a ritroso, ho ripercorso gli stessi passi di chi faceva il gelato quando io ero bambino, e così ho creato il mio. A Vigevano, la città in cui vivo, è nata Vero Latte, la mia gelateria che è aperta tutto l’anno perché il gelato è come il mare: d’estate è per tutti, in inverno è per pochi. E, paradossalmente, credo veramente che il gelato più buono sia quello fatto in inverno perché puoi dedicargli più cura, più tempo.

Il gelato fa parte della nostra cultura da sempre. Non è necessario essere bambini per emozionarsi davanti ad un gelato perché il gelato è una carezza e le carezze fanno bene a qualunque età.
Quindi nasce Vero Latte, con un nome che ha scelto tua moglie Elisa, e in città non si parla d’altro. Il gelato non è quello solito, sapori e profumi si allontanano dal prodotto commerciale e raccontano una storia. Da qui comincia tutto e arriva il successo. Del tuo gelato si comincia a vociferare anche altrove. Il segreto è sempre volgere lo sguardo al passato. Io dico che il mio è un gelato estemporaneo e posso spiegarlo solo riportandoti la mia massima: se lo assaggi, lo capisci. Il caso volle che nei primi giorni di apertura entrasse in gelateria lo chef executive dello Sheraton di Malpensa che, dopo aver assaggiato i miei gelati, mi propose di presentarli durante un evento. Era la mia prima volta di tante cose: la prima volta in una vera cucina, la prima volta davanti ad una platea importante, sotto le luci dei riflettori che illuminavano me e quello per cui avevo cominciato a sognare. Decisi di giocare il tutto per tutto e, dovendomi ispirare alla Lombardia, preparai il mio gelato allo zafferano con crumble di Tortionata, una torta tipica lodigiana, e chips di riso Carnaroli della Riserva San Massimo. Il gelato piacque a tutti. Così prese il via la collaborazione con la cucina dell’hotel e da lì, sfacciatamente, decisi di candidarmi al Gelato Festival, il torneo di gelateria più prestigioso al mondo, che si disputa ogni quattro anni. L’ho vinto nel 2017 e quindi sono ancora il campione in carica! Però, come mi ha insegnato mio padre, io non mi fermo e ogni giorno aspetto i miei domani che sono sempre l’opportunità per imparare.
Hai anche conquistato il Food Award, l’Oscar della tua categoria, i Tre Coni del Gambero Rosso, e altri numerosi premi! E allora spiegami come si può, da una carriera nel mondo dell’editoria, raggiungere questi risultati. Era il mio sesto compleanno e come regalo mio padre mi portò al ristorante Del Cambio di Torino a mangiare gli agnolotti. La mia famiglia mi ha dato tutti gli strumenti per una grande apertura mentale che mi spinge ad osare. Ho un palato allenato che mi aiuta e mi sostiene nella ricerca dei gusti che nascono dai miei occhi e dalle mie passioni, ma sono anche supportato da una squadra tutta internazionale: dalle Filippine alla Colombia, passando per il Brasile e la Romania. Il premio come miglior gelatiere l’ho vinto con Riso e Latte, un gusto che arriva dalla cultura povera, un sapore che mi riporta indietro nel tempo perché era la merenda che mi preparava mia nonna. Ma la stessa ricetta si prepara in Colombia, l’arroz con leche, ed è lo stesso piatto che si prepara anche in Grecia.

Il gelato è come il mare: d’estate è per tutti, in inverno è per pochi.
Un fil rouge, dunque, fatto di sapori e tradizioni che esaltano la creatività di Massimiliano che fa del suo gelato una creatura tutta da scoprire, creare e far vivere. E grazie alla fortuna di essere nato e cresciuto in Italia, terra ricca di cultura gastronomica, lui riesce ad assorbire le tradizioni di Paesi diversi con grandissima facilità. La cucina italiana mi ha insegnato a non fermarmi davanti a stereotipi precostituiti e pericolosi. Per essere ricordato, quando cucini, devi saper creare orgasmi culinari. In Italia si mangia bene ovunque, ma ricordarsi di un ristorante accade solo se dalla cucina arrivano piatti azzardati, diversi, evocativi, come quella ratatouille che fece ritornare bambino lo spietato critico culinario Anton Ego del famoso cartone animato della Pixar.
Qual è il gusto che serviresti ad un armatore, personaggio esigente per antonomasia, e perché? L’armatore è una persona un po’ viziata, ça va sans dire. Sicuramente, nella mia scelta, molto inciderebbe la sua nazionalità ma, soprattutto, il porto in cui la barca è ormeggiata. La domanda è davvero difficile perché, anche in questo caso, è la cultura la cifra che determina ingredienti, gusto e presentazione. Cercherei di dargli quello che vuole per realizzare un suo desiderio, unendolo alla tradizione italiana, il valore aggiunto che solo noi siamo in grado di regalare in cucina.
Se fossi a bordo, quale sarebbe il posto nel mondo in cui ti piacerebbe buttare l’ancora per farti ispirare e creare un gelato nuovo? Per nostalgia, penso alla Sardegna, ad una rada nell’isola di Mortorio o alle Bocche di Bonifacio. Per amore, mi piacerebbe che il comandante attraccasse a Venice Beach, un posto lontano da qualunque schema o stereotipo. In Sardegna mi farei ispirare dal miele, dalla ricotta, dalle tante erbe dell’entroterra, ma anche dal caratteristico orgoglio delle persone. Come quella volta in cui ho realizzato un gelato alla Sapa, un vino cotto tipico che amo molto: scuro, forte e legnoso, è un prodotto che se diluito bene regala un sapore davvero strepitoso.

Massimiliano Scotti in mezzo al mare ci è nato, ha trascorso le sue vacanze d’infanzia in barca, col tempo scandito dal profumo dell’aria salmastra e dalle lunghe navigazioni.
Seguendoti sui social, si viene letteralmente travolti da un entusiasmo trascinante che svela una grande carica di energia.
Quanto influisce tutto questo nella creazione di un gusto nuovo? La mattina mi sveglio con cento idee nella testa. Lavorandoci tutto il giorno, queste idee diventano dieci e, alla fine, ne realizzo una che nasce dall’entusiasmo del lavoro di squadra. Ho deciso di farmi affiancare da ragazzi giovanissimi, di quindici nazionalità diverse, siamo una grande famiglia che condivide tutto. Noi viviamo insieme la cucina, mangiamo insieme, lavoriamo insieme, pensiamo insieme, proprio come la crew di una barca, e le nostre idee sono un continuo fluire che stimola la creatività e porta grandi risultati.
C’è un’idea che state per realizzare? Nei nostri sogni vorremmo portare in giro per il mondo il gelato spalmabile. Non si tratta di un gelato vero e proprio, non sarà freddo, ma avrà il sapore del gelato.
Massimiliano non mi svela di più, si sa, ogni chef ha i suoi segreti. Anche se vengo attanagliata da una golosissima curiosità, non insisto e gli chiedo se si è mai fatto ispirare dal mare per creare un gusto nuovo. «No», dice. Mi racconta, porgendomi un cucchiaino di sorbetto al mango che ancora le mie papille gustative ricordano con incanto, che quando pensa al mare la nostalgia è ancora molto forte, perché tutti i ricordi sono legati a suo padre che non c’è più. Però, qualcosa nella sua risposta non lo convince, lo vedo dal suo sguardo. E, infatti, da lì a qualche minuto capirò di averci visto bene. Ma prima, in questa altalena di emozioni, mi corre d’obbligo di chiedergli come sia riuscito a coniugare il suo genio con quello di un grande cuoco come Carlo Cracco, che nel ristorante in Galleria Vittorio Emanuele, a Milano, ha voluto il suo gelato. «Ci siamo conosciuti alla Riserva San Massimo, un luogo magico in cui nasce il vero riso Carnaroli, utilizzato da tutti gli chef stellati del mondo e che io uso per fare il mio Riso e Latte, proprio il gelato che preparai in occasione del nostro incontro. Dopo il primo assaggio, lo chef lo volle mangiare altre due volte, ma non disse molto».
Fu solo dopo due anni e mezzo, quando lo chef vicentino dalla brillante memoria gourmande si ricordò di lui e del suo gelato, che cominciarono a collaborare e il gelato di Vero Latte arrivò in Galleria, in uno dei più rinomati ristoranti dello Stivale. «Avevo preparato trenta gusti da fargli assaggiare, lui mi ha suggerito modifiche, dato consigli e insieme abbiamo creato nuovi sapori».

Mentre chiacchieriamo, Massimiliano si diverte a stuzzicare i suoi collaboratori e quando dalla cucina sbuca Hazel, una giovanissima chef che lavora con lui già da molto tempo e che arriva dalle Filippine, il nostro chef gelatiere la interpella perché nella testa ancora gli frulla il pensiero di quel gusto ispirato al mare. Poche battute ed ecco che i due mettono in scena un siparietto degno di una delle più brillanti commedie di Florian Zeller, rimpallandosi la ragione, discutendo di alghe, acqua di mare, agrumi della costa, basilico, frutta. Massimiliano le propone un gelato con una certa sapidità, arricchito dal sapore del lime o del cedro, ma pensa anche ad una crema a base di latte condensato, un altro dei sapori evocativi legati al mare e al suo passato perché quando da bambino andava a vela, quel tubetto goloso non mancava mai. Hazel è perplessa, lo contesta divertita, poi ci lascia e torna al suo lavoro, ma ho come l’impressione che non sia finita lì e che presto torneranno sull’argomento.
Per fare un buon gelato, però, non servono solo idee e creatività, sono necessari anche i giusti strumenti. Allora chiedo allo chef di cosa avrebbe necessariamente bisogno se decidesse di salire a bordo di un grande yacht per stupire con le sue creazioni che coniugano tradizione, innovazione e alta qualità. «Mi basterebbe un mantecatore, però se ci fosse anche dell’azoto liquido…».
Sì, perché Massimiliano Scotti riesce a fare un vero e proprio show con l’azoto liquido, che gli permette di creare un gelato buonissimo con qualsiasi prodotto. La prima volta che ho visto usare l’azoto in cucina ero in Spagna e avevo 16 anni: ne rimasi affascinato. Il ricordo di quell’esperienza mi è rimasto dentro e quando sono diventato chef gelatiere, ho deciso che anche io avrei usato l’azoto per il mio gelato. Si tratta di un elemento chimico naturale che lavora ad una temperatura di -196 °C in forma liquida. Una volta a contatto con l’aria, passa ad uno stato gassoso e permette di gelatare qualunque prodotto. Ferran Adrià, il celebre cuoco spagnolo, padre della cucina molecolare, è stato tra i primi ad utilizzarlo con il cibo e la sua personalità eclettica, già paragonata a quella di Salvador Dalì, mi ha sempre affascinato e ispirato nel lavoro. Con l’azoto riesco a creare la giusta aspettativa e a regalare un’emozione ancor prima dell’assaggio.

Nella sua gelateria di Vigevano, Scotti non si limita solo al gelato e organizza degustazioni davvero molto particolari: interi menu, a partire dall’antipasto, in cui il gelato si abbina a piatti salati della tradizione e non solo, perché a lui piace sperimentare i connubi più azzardati, osando con un’audacia che lo ha sempre premiato.
La domanda, allora, arriva puntuale: quale menu proporresti a bordo?Comincerei con una tartare di gamberi, servita con polenta bianca, foglie di spinacino e un gelato alla ricotta, lamponi e peperoncino, non dimenticando una spolverata di scorza di lime. Per la seconda entrée, proporrei dadini di tonno appena scottato, con un gelato al timo servito con menta tritata e una crema che preparo marinando i tuorli d’uovo con salsa di soia e un passito. Come primo, un piatto di tajarin con finocchietto, aglio, olio e pochissimo peperoncino saltati in padella e, in aggiunta, polvere di pane secco, scampi crudi e una quenelle di gelato al burro e alici. Passerei ad un tentacolo di piovra, cotto a bassa temperatura e scottato con polvere di mais croccante, abbinato ad un gelato all’hummus di ceci, accompagnato da ceci croccanti. Alla fine, un sorbetto al limone, lime e foglie di basilico da servire con un bicchierino di Passito di Pantelleria.

Massimiliano riesce a fare un vero e proprio show con l’azoto liquido, che gli permette di creare un gelato buonissimo con qualsiasi prodotto.
Se potessi partire in barca a vela per un lungo viaggio in solitaria, dove andresti e cosa porteresti con te? Vent’anni fa, prendevo il mio Comet 910 e me ne andavo in solitaria sul Lago Maggiore. Ecco, oggi lo rifarei per recuperare un po’ di solitudine, magari ritornando sulle rotte percorse con mio padre come il Golfo del Leone in Sardegna o tutta la costa francese.
La nostra chiacchierata finisce qui ed io vado a godermi lo show di un gelato all’azoto e la degustazione di tutti gli altri gusti. Davvero impossibile trovare il mio preferito.
(Massimiliano Scotti, lo chef gelatiere – Barchemagazine.com – Gennaio 2021)