Il refit è diventato un business sempre più significativo per molti cantieri nautici. Ne abbiamo parlato con Alberto Perrone Da Zara del gruppo Lürssen
by Francesco Michienzi
Nell’ultimo anno molti yacht tra i 60 e ben oltre i 100 metri hanno utilizzato le strutture di Lürssen di Brema e Amburgo per lavori di modifica e manutenzione. Tra questi ci sono alcuni degli yacht più belli al mondo come Octopus di 126 metri di lunghezza. Quella del refit è una vera e propria arte verso cui sempre più cantieri stanno puntando energie, professionalità, investimenti. Un mestiere che unisce tecniche a regola d’arte con il gusto per l’espressione artistica, la creatività, l’innovazione.
Quali sono i punti di forza del vostro cantiere per quanto riguarda il refit? Il refit consiste in un lavoro molto impegnativo, da non confondere con il rimessaggio. Implica apportare delle modifiche importanti ad una barca, dagli impianti all’arredo, e occupa un lasso di tempo a volte anche molto lungo. Lürssen ha sempre fatto lavori di questo tipo e io me ne occupo personalmente da sei anni. Penso che il punto di forza sia avere la capacità e lo spazio per poter fare lavori molto grossi, oltre ad avere l’organizzazione giusta per non perdere tempo. Nei cantieri di Amburgo abbiamo fatto lavori di refit grossissimi per navi da crociera e commerciali, del tipo di aggiungere un inserto di 30 metri di lunghezza, o 120 cabine. Questo presuppone avere anche un ottimo ufficio acquisti che permette al magazzino di avere tutti i pezzi pronti per il lavoro da eseguire senza perdere tempo.
Il pericolo è anche quello di sbagliare i preventivi. È un pericolo molto comune, sono errori che si fanno. Però più si è organizzati, più si hanno le persone giuste e meno rischi si corrono. La regola è che alla fine la differenza algebrica deve avere segno più.
Per cui quando si fa un preventivo ci vuole un’analisi attentissima di quello che è lo stato in cui si trova l’imbarcazione. Certamente, io sono stato a visitare diverse barche accompagnato da 16 persone. Il primo contatto serve per conoscere il comandante, il management, sentire l’atmosfera a bordo. Poi si inizia a quotare il lavoro da fare, ed entrano in gioco le 16 persone che sono esperti in aria condizionata, impianti, idraulica, design e ogni altro dettaglio. Adesso abbiamo un processo analitico che serve a capire al meglio tutta la storia dell’armatore in modo da concentrarci sui lavori giusti da eseguire.
In questo processo così selettivo non si rischia di essere poco competitivi sul mercato? Per fortuna la matematica per il momento ci ha dato ragione così come gli armatori che continuano a cercarci. Io in passato ho fatto un errore di ingenuità pensando di poter realizzare profitti portando barche più piccole anche di altri cantieri. Feci una lunga lista di barche sopra i 65 metri, più giovani di 15 anni, dislocate in tutto il mondo, ma riguardando le statistiche degli ultimi sei anni, da quando abbiamo comprato Blohm & Voss, mi sono accorto che la media sia in volume di affari, sia in grandezza degli scafi, è sempre riferita a 101/110 metri. Per le nostre capacità abbiamo sempre lavori importanti su barche grandi.
Qual è il lavoro che vi ha dato più soddisfazione? Sai, è difficile da dire perché, per privacy, non possiamo mai raccontare niente. In realtà non è il lavoro in sé che dà soddisfazione, ma il rapporto che si crea con il committente o con chi lo rappresenta. Questi lavori implicano delle cifre importanti e sono legati a contratti che potrebbero anche essere delle trappole. Nel refit non c’è nulla di bianco o nero, ci sono molte aree grigie. Infatti, per quanto le definizioni dei lavori possano essere accurate fino a spaccare il capello in due, c’è sempre qualcosa che va interpretato e che magari potrebbe creare un conflitto con il cliente che si aspetta qualcosa di diverso. Oppure qualcosa di inatteso, un problema più grosso del previsto. Diciamo che le soddisfazioni arrivano quando si lavora con un team collaborativo e quando il comandante ringrazia per il risultato ottenuto.
Oltre 1.800 persone lavorano in Lürssen, tra questi ci sono oltre 450 ingegneri e architetti navali e una moltitudine di artigiani per affrontare qualsiasi progetto, sia esso una nuova costruzione, un refit o una conversione.
Dal punto di vista tecnico, qual è stato il lavoro più complesso? Naturalmente non voglio sapere il nome. Un paio di anni fa abbiamo dovuto cambiare tutti i generatori su uno scafo con propulsione diesel elettrica. È stato un lavoro molto complicato con carichi e pesi enormi. Agli inizi della pandemia, invece, rifacemmo gli interni di una barca praticamente nuova, non costruita da noi. L’abbiamo riportata praticamente a ferro, pavimenti, pareti, soffitto, riassegnati alcuni spazi e rifatto gli impianti, praticamente tutto. Abbiamo avuto soddisfazioni, ma non potendo far lavorare le squadre insieme, abbiamo anche pagato diverse penali.
Non è più conveniente farsi fare una barca nuova? No, perché hai tempi di consegna lunghi. Su queste dimensioni si arriva anche a quattro o cinque anni. Anche il refit ha i suoi tempi, ma io non ho mai visto un periodo più lungo di 18 mesi. Passare da quattro anni a diciotto mesi, se magari hai 70 anni di età, fa la differenza.
Per tutti gli yacht verrà il momento in cui avranno bisogno di un refit, di qualche riparazione o persino di una conversione. Questo è il lavoro che Lürssen intraprende con la precisione tedesca per cui è rinomata in tutto il mondo.
Voi fate tutto in-house o vi appoggiate ad aziende esterne per certi tipi di lavori? Così come per il nuovo, noi abbiamo cercato di mantenere le attività fondamentali, come ingegneria, carpenteria metallica, progettazione sistemi elettrici all’interno del cantiere, ma ci appoggiamo molto anche ad aziende esterne. Lürssen, tra la sede di Brema e il nuovo ufficio di engineering in Croazia, ha in organico oltre 450 persone tra ingegneri e architetti.
Per quanto riguarda tutto il resto? Il resto è affidato a ditte con le quali collaboriamo da anni, che conoscono esattamente le nostre esigenze e come lavoriamo, quali sono le nostre aspettative e che sanno esattamente dove mettere le mani. Per gli interni ci avvaliamo di aziende tedesche, austriache e anche italiane. La verniciatura è invece affidata a inglesi o greci. Sono molto affidabili ed è quasi come se fossero degli impiegati della nostra struttura.
TRE CANTIERI NAVALI OFFRONO AMPIO SPAZIO PER COSTRUIRE
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Le è parso, qualche volta, di cogliere anche il desiderio di alcuni armatori di recuperare vecchie barche per portarle ad essere qualcosa di veramente speciale, quasi come fosse una sfida? Sì, e sono delle bellissime sfide, che iniziano con delle lunghe chiacchierate, delle cene che non finiscono mai. Ma sono dei progetti a volte molto pericolosi perché qui vicino a noi sono arrivati questi scafi, se non sbaglio del ’29 o del ’30, che sono come ruderi. La differenza però con i mattoni sta nel fatto che per riportare a nuovo le barche si devono seguire dei regolamenti ben specifici e a volte è pericoloso, per non dire pura follia, cambiare completamente degli spazi o degli impianti. Difficilmente noi accettiamo lavori così estremi, per i quali non si può nemmeno presumere il tempo di realizzo. Gli stessi armatori, dopo aver visionato i progetti, desistono dalla loro idea iniziale.
Attualmente quante barche avete in refit? In questo momento ad Amburgo ce ne sono quattro e a Brema due.
Ho notato che ci sono delle barche, mediamente di una decina di anni, che hanno un layout e un aspetto estetico ancora contemporaneo, ma con delle svalutazioni incredibili rispetto al prezzo iniziale. Dopo dieci anni la barca arriva a costare anche meno di un terzo, o di un quarto. In questo caso fare un serio refit può essere conveniente? In genere, come nel mondo delle automobili, se tu compri un oggetto che ha un brand equity abbastanza basso ti devi fare la domanda se dopo dieci anni ha senso spendere il valore stesso della barca e aggiungerne ancora. A me è successo. In questi casi non si deve ricorrere alla pura matematica. È ovvio che bisogna valutare il tipo di scafo su cui si andrà a lavorare. Il refit vale su scafi di un certo tipo. Noi non abbiamo mai fatto grossi lavori su barche dove non ne valeva la pena.
(Alberto Perrone Da Zara, a regola d’arte – Barchemagazine.com – Ottobre 2022)