L’Italia è il Paese che amo, l’editoriale di Franco Michienzi

Una dichiarazione diventata il marchio di fabbrica della ricerca del consenso a tutti i costi

by Francesco Michienzi

L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà”. Sono le parole che Silvio Berlusconi utilizzò nel 1994 nel momento del suo ingresso in politica. Anche per me l’Italia è il paese che amo. 

Ma di quale Italia parliamo? Di quella delle bellezze naturali, del suo patrimonio artistico e culturale, degli imprenditori geniali, delle eccellenze invidiate e ammirate in tutto il mondo come le nostre barche? Oppure, quella dei sotterfugi, delle scorciatoie, del clientelismo, della giustizia ingiusta, degli sprechi e della burocrazia soffocante? La rivoluzione liberale di Berlusconi era cominciata con il supporto di persone illuminate come Marcello Pera, Antonio Martino, Giuseppe Tatarella, Giuliano Urbani. Ben presto però questi pensatori lasciarono il posto a politici scaltri che non amavano esattamente l’Italia come noi. Persone che fanno politica non per il bene comune, come affermano, ma perché hanno trovato un modo redditizio di sbarcare il lunario. La qualità della classe politica è un tema che riguarda tutti, maggioranza e opposizione. 

«L’ITALIA È IL PAESE CHE AMO». CLAIM CHE CI HA ACCOMPAGNATO, CON LE SUE LUCI E LE SUE OMBRE, IN UN CAMBIAMENTO RADICALE DELLA NOSTRA SOCIETÀ.

Il 1994 è l’anno nel quale inizia la totale trasformazione del Paese che riguarda senza dubbio il sistema politico, quello economico, sociale, culturale, di usi e costumi e con conseguenze su intere generazioni. Ma c’è anche qualcosa di più profondo. Per trent’anni il modello Berlusconi non si è limitato a plasmare l’informazione, ha letteralmente sequestrato l’immaginario del paese, imponendo il suo linguaggio e le sue categorie culturali. Dopotutto, il suo apparato mediatico poteva decidere le sorti di una carriera. L’attuale classe politica italiana, compresa buona parte dell’opposizione, è interamente una creatura di Berlusconi. Siamo abbastanza impotenti di fronte al dilagare dell’insussistenza culturale, dell’incapacità di gestire il bene pubblico per il benessere di tutti. Nell’Italia di oggi si utilizzano tutti gli strumenti possibili per gestire il consenso che garantisce il perpetrarsi del potere. Pensate alla pubblicità delle aziende a partecipazione statale che investono soldi, in parte nostri, su mezzi di informazione non esattamente in target con le necessità di comunicazione di quelle aziende. Di esempi se ne potrebbero fare molti, ma lascio a voi il piacere di analizzare questo fenomeno.

«ANCHE NEL 2022 LA CRESCITA DELL’ASSOCIAZIONE È IN LINEA CON LA CRESCITA DEL SETTORE, CON POSITIVE PROSPETTIVE PER L’ANNO NAUTICO IN CORSO CHE SFIORA LA SOGLIA DEI 7 MILIARDI DI EURO DI FATTURATO. IL FUTURO DEL NOSTRO SETTORE SIGNIFICA FUTURO ECONOMICO E OCCUPAZIONALE». SAVERIO CECCHI

Il Governo attuale si dice molto vicino agli imprenditori nautici italiani; purtroppo per noi siamo ancora nel campo delle parole. Saverio Cecchi, presidente di Confindustria Nautica, ha dichiarato: «Anche nel 2022 la crescita dell’Associazione è in linea con la crescita del settore, con positive prospettive per l’anno nautico in corso che sfiora la soglia dei 7 miliardi di euro di fatturato. Il futuro del nostro settore significa futuro economico e occupazionale. Siamo attivamente impegnati nella stesura del Piano del Mare, nel tavolo tecnico per le concessioni demaniali presso la Presidenza del Consiglio, con il Ministro del Turismo. Ma, in considerazione della solidità della maggioranza, ben diversa dalle coalizioni larghe degli ultimi anni, dal Governo ci aspettiamo molta più attenzione». 

Nel corso di una riunione ministeriale è stata rappresentata l’esigenza di completare al più presto la mappatura delle concessioni esistenti, a partire dai dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e delle Capitanerie di porto, eventualmente integrati ove necessario, senza attendere ulteriormente strumenti tecnici in divenire. Confindustria Nautica è intervenuta per rappresentare la voce della filiera della nautica da diporto, insieme alla associata Assomarinas e in coordinamento con Assonat-Confcommercio. L’auspicio del presidente Cecchi è anche il nostro, ma nutriamo grandi dubbi sui tempi di stesura di questo Piano del Mare.

(L’Italia è il Paese che amo – Barchemagazine.com – Agosto 2023)