La sensibilità nel cogliere le sfumature più nascoste dei desideri degli armatori è una delle caratteristiche peculiari di Laura Sessa. Ama il colore, con il suo lavoro trasmette una sensazione di benessere e di felicità molto apprezzata
di Carla Pagani
A Poli, quaranta chilometri da Roma, regna il silenzio calmo dell’inverno piovoso. Gli ulivi immobili, la terra bagnata, i rami spogli, fatta eccezione per qualche sparuta foglia di quercia. Il rosso mattone di Casalvecchio si staglia di netto sul cielo livido. I grandi finestroni circolari lasciano intravedere gli interni, come degli imponenti oblò affacciati sul mare.
Siamo nel quartier generale di Laura Sessa, una delle più prestigiose designer di interni di yacht al mondo, a poche centinaia di metri dalla cinquecentesca Villa Catena che all’epoca del Gran Tour veniva dipinta dai vedutisti di tutta Europa. Quando arriviamo l’architetto è in conference call con un cliente. Le sue collaboratrici rispondono alle telefonate, si scambiano informazioni e lavorano alacremente al computer.
Una grande fucina, calda e accogliente. Un pastore maremmano e un weimaraner si aggirano tra le sedie e ogni tanto aprono da soli la grande porta finestra ed escono in giardino. Sul grande tavolo da lavoro e alle pareti una serie infinita di campioni di tessuti, cataloghi, raccoglitori e le praline geometriche del cioccolatiere parigino Fabrice Gillotte.
Un puzzle di colori che ci racconta di un dinamismo irrefrenabile. «Qui ho la mia ispirazione. La nostra è una modalità di lavoro casalinga, familiare», dice Laura Sessa quando ci raggiunge nella grande sala. «È qui che trovo la pace dopo lunghi viaggi e periodi di assenza. E dall’ultimo piano posso vedere anche il mare».
Ma andiamo a ritroso. «La mia passione per il mare viene da lontano, dalla mia infanzia ad Atene». Poi è stato il caso a portarla a lavorare per le barche. Insomma, serendipity. «Ero appena ventenne e mi ritrovai a lavorare in Francia con Alberto Pinto che per me è stato un grandissimo maestro. Ciò che ho imparato è che la cosa più importante quando si progetta qualcosa è non perdere mai di vista la funzionalità».
Per questo Laura Sessa detesta gli ambienti freddi dall’atmosfera clinica e ospedaliera. «La barca deve essere vissuta come una casa, non come un’esposizione di pezzi da museo. Oggi va molto di moda il minimalismo cromatico. Io invece amo il colore. L’ambiente deve essere caldo, funzionale e armonico».
Laura Sessa ha le idee chiare. Ma non le impone mai all’armatore. «Noi dialoghiamo sempre con i nostri clienti e il nostro primo obiettivo è quello di soddisfare le esigenze degli armatori. Non credo che un designer debba imporre il proprio stile e le proprie regole. L’importante è creare qualcosa di armonioso». Ed è fondamentale che ci sia continuità tra interno ed esterno.«Invece a volte chi deve disegnare gli interni si ritrova un progetto già fatto ed è molto difficile poi trovare l’incastro giusto. Sarebbe importante dialogare sin dall’inizio». Ma non sempre accade.
Lo studio di Laura Sessa disegna tutto. «Progettiamo anche i pomelli delle porte, le tappezzerie, i ricami dei cuscini. Lo stiamo facendo per esempio ora per Project Fiji di Lürssen che verrà varata tra pochi mesi». Un 95 metri totalmente custom in grado di ospitare fino a venti persone. Lavoro artigianale allo stato puro. Laura Sessa segue il processo dall’inizio alla fine, dal disegno alla realizzazione dei campioni, fino al pezzo definitivo.
Ma la decorazione non è mai fine a se stessa.«L’innovazione di cui vado più fiera è aver escogitato un sistema per cui l’elemento funzionale può celarsi dentro l’elemento decorativo».
Cosa vuol dire in concreto? «Per esempio coprire la televisione con un’opera d’arte che al momento del bisogno può sparire. Creare dei ripostigli a scomparsa dentro una parete. O, ancora, delle maniglie dentro i pomelli decorativi di un corrimano».
Le barche disegnate da Laura Sessa sono piene di queste meraviglie. «Forse è l’eredità che mi ha lasciato mio padre», dice sorridendo. Un padre speciale.«Nel 1958 aveva progettato la Lambretta». Ma qual è il progetto di cui va più fiera? «Quello che deve ancora venire», dice scherzando.
In realtà Laura Sessa è seria. Lo si capisce dalla sua voglia di sperimentare, di guardare avanti. «Sicuramente Chopi Chopi è stata una grande barca. Abbiamo osato molto».Era il 2013. Da allora lo Studio Sessa ha firmato molti yacht. Tantissimi quelli per l’olandese Amels. L’ultimo è Eji, un 55 metri varato nel 2018. E ora? «A marzo verrà varata M/Y 135 di CRN, un nuovo superyacht di 79 metri. Nel frattempo stiamo lavorando per SL 96 di Sanlorenzo che verrà presentata a Düsseldorf il prossimo anno».Quando ce ne andiamo, ormai fuori è buio. Ma la fucina di Casalvecchio è ancora in azione. Allo studio Sessa non ci si ferma mai.
(Laura Sessa: il colore prima di tutto – Barchemagazine.com – Aprile 2019)