Il sequestro conservativo

La Convenzione Internazionale di Bruxelles disciplina in modo dettagliato la materia del sequestro conservativo di navi o imbarcazioni da diporto

by Federico Santini*

Il sequestro conservativo di navi o imbarcazioni da diporto costituisce un efficace strumento di tutela del creditore ai fini della realizzazione del proprio credito. Nell’ordinamento italiano, l’istituto del sequestro conservativo di navi ed imbarcazioni è disciplinato da un lato dagli artt. 682 e seguenti del Codice della Navigazione (e per quanto ivi non espressamente disposto dal codice di procedura civile), e dall’altro da una serie di Convenzioni internazionali tra cui principalmente la Convenzione di Bruxelles del 1952, resa esecutiva in Italia con la legge 25/10/1977 n. 880 ed entrata in vigore il 9/05/1980. Successivamente la materia è stata oggetto della Convenzione di Ginevra del 1999, entrata in vigore nel 2011, ma ad oggi la maggior parte degli stati della comunità internazionale, e tra di essi l’Italia, continua ad applicare la Convenzione di Bruxelles. 

L’ambito di applicazione è ben delimitato, ma tuttavia piuttosto ampio e tale da ricomprendere la maggior parte dei crediti che possono sorgere nell’ambito dell’esercizio e dell’utilizzo di una nave.

Focalizzeremo su quest’ultima, pertanto, la presente analisi in considerazione del suo importante rilievo in tutti quei casi – molto frequenti nella prassi – in cui le imbarcazioni da sottoporre a sequestro siano di nazionalità di uno degli stati contraenti della Convenzione, nonché in considerazione di alcuni interessanti vantaggi previsti in favore del creditore da tale disciplina rispetto a quella contemplata dal Codice della Navigazione italiano.

LA DISCIPLINA DI CUI ALLA CONVENZIONE DI BRUXELLES SI APPLICA SOLTANTO IN RELAZIONE AI C.D. “CREDITI MARITTIMI” ELENCATI TASSATIVAMENTE ALL’ARTICOLO 1.

In primo luogo è bene specificare che la disciplina di cui alla Convenzione di Bruxelles si applica soltanto in relazione ai c.d. “crediti marittimi” elencati tassativamente all’articolo 1, ossia: a) danni causati da una nave o in seguito ad abbordaggio o ad altra causa; b) perdita di vite umane o danni alle persone causati da una nave o derivanti dall’uso di una nave; c) assistenza e salvataggio; d) contratti relativi all’utilizzazione o alla locazione di una nave con contratto di noleggio o altro contratto; e) contratti relativi al trasporto di merci; f) perdite o danni a merci e bagagli trasportati; g) avaria comune; h) prestito su beni esposti a rischi marittimi; i) rimorchio; j) pilotaggio; k) forniture di prodotti o di materiali fatte ad una nave in vista del suo esercizio o della sua manutenzione; l) costruzione, riparazioni, equipaggiamento di una nave o spese di scalo; m) salari del Capitano o dell’equipaggio; n) somme anticipate dal Capitano e spese effettuate dai caricatori, dai noleggiatori o dagli Agenti per conto della nave o del suo proprietario; o) proprietà contestata di una nave; p) comproprietà contestata di una nave o il suo possesso o il suo esercizio, o i diritti di servizio di una nave in comproprietà; q) qualsiasi ipoteca marittima e qualsiasi diritto di garanzia.

L’ambito di applicazione è, quindi, ben delimitato ma tuttavia piuttosto ampio e tale da ricomprendere la maggior parte dei crediti che possono sorgere nell’ambito dell’esercizio e dell’utilizzo di una nave. Il principale vantaggio previsto dalla Convenzione rispetto alla disciplina ordinaria italiana, è dato dal fatto che per i sopra elencati “crediti marittimi” il sequestro della nave può essere concesso prescindendo dall’accertamento della sussistenza del requisito del c.d. “periculum in mora”, ossia il pericolo che nelle more del tempo necessario alla instaurazione del giudizio di merito il creditore possa vedere gravemente pregiudicata o compromessa la possibilità di esigere il proprio credito.

IL SISTEMA PREVISTO DALLA CONVENZIONE CONSENTE
AL CREDITORE DI OTTENERE
IL SEQUESTRO DELL’IMBARCAZIONE DIMOSTRANDO SOLO L’ESISTENZA DEL PROPRIO DIRITTO DI CREDITO.

E difatti, in base alla disciplina ordinaria, ai fini dell’ottenimento del provvedimento di sequestro conservativo è richiesto che il creditore dia dimostrazione della sussistenza di due requisiti, comuni a tutti i provvedimenti cautelari: il requisito del fumus boni iuris, ossia la dimostrazione anche sommaria della fondatezza del proprio diritto, ed il già menzionato requisito del periculum in mora, costituito appunto dal pericolo di mancato soddisfacimento del credito in caso di ritardo, requisito quest’ultimo che spesso si dimostra di non agevole dimostrazione. Il sistema previsto dalla Convenzione consente al creditore di ottenere il sequestro dell’imbarcazione dimostrando solo il primo dei due requisiti (quindi in sostanza l’esistenza del proprio diritto di credito), senza dover provare l’esistenza di motivi di urgenza o situazioni di pericolo che impongano di “bloccare” il bene a garanzia del futuro soddisfacimento del credito. Tali prerogative rafforzano, quindi, notevolmente la tutela fornita al creditore e semplificano l’ottenimento dell’invocato provvedimento cautelare, rendendolo di fatto un importante strumento di pressione sul debitore, costretto a subire per tutta la durata del sequestro sia l’indisponibilità materiale del bene (la nave sarà difatti bloccata in porto ed impossibilitata a circolare) sia la sua indisponibilità giuridica (che ne impedirà la commerciabilità).

(Il sequestro conservativo – Barchemagazine.com – Giugno 2022)