Un moderno porto turistico non è un semplice marina, ma un progetto integrato che affronta vari aspetti. Per questo, serve un network di professionisti a 360°
by Niccolò Volpati
Partiamo da alcune considerazioni che, anche se note a tutti, vale comunque ripetere per iniziare un ragionamento. L’Italia ha 8.300 km di coste e più di 500 tra approdi e porti turistici. I posti barca sono quasi 160.000, ma pochi sono quelli per gli yacht sopra i 24 metri di lunghezza. I primi marina realizzati nel nostro paese hanno appena compiuto 50 anni. Fino a una ventina di anni fa, le dimensioni delle imbarcazioni da diporto non erano quelle di una nave. A questa situazione si è aggiunta una politica sfavorevole tra il 2008 e il 2010, con il governo in carica che varava una tassa di transito per mega yacht con il risultato di avere pochissime entrate nella casse dello Stato e fuga di circa 40 mila imbarcazioni verso i porti turistici delle limitrofe Francia e Croazia.
Non sempre l’atteggiamento della politica è stato vessatorio nei confronti della nautica e del turismo nautico. In passato, nei primi anni del 2000, provarono a promuovere un network dei porti turistici fondando Italia Navigando, finanziata da Cassa Depositi e Prestiti. Purtroppo anche quella fu un’esperienza fallimentare: pochissimi risultati a fronte di un grande sperpero di denaro pubblico. La storia dei porti turistici in Italia è un po’ come quella degli studenti che si sentono dire dal professore “potrebbe fare di più”. Grandi potenzialità, ma ancora poco sfruttate, ma c’è chi non si rassegna e da tempo progetta il reimpiego di banchine poco utilizzate.
MDN, Marinas Development Network
È un network che unisce professionisti con competenze diverse, tutti ormai indispensabili per realizzare un progetto
di riqualificazione di un porto esistente
o per ridisegnare il waterfront di una città costiera.
I partner sono:
– Studio Legale Belvedere di Milano,
con oltre 40 anni di esperienza nel Real Estate e nella pianificazione urbanistica.
– Dinamica Srl di Messina, che opera nell’ambito dei servizi tecnici, di ingegneria e nelle indagini ambientali.
– Legal 4Transport di Roma, che è una rete di avvocati specializzati in trasporti marittimi.
– Touristic Real Estate & Marinas Development di Milano, che offre consulenze per gli investimenti nella realizzazione di porti turistici.
– WIP Architetti di S. Donato Milanese,
una società che si occupa di progettazione architettonica, urbanistica
e ingegneria e di servizi tecnici.
– Yachting Advisory di Milano, che è focalizzata nella consulenza e nei servizi per lo yachting.
– Angelo Zerilli, comandante di Roma, che ha lavorato prima nelle Capitanerie di Porto e poi nel Ministero delle Infrastrutture, esperto di concessioni demaniali e consulente di molti porti turistici italiani.
Ci sono molti porti commerciali o per pescherecci, che hanno molti posti barca liberi e che potrebbero essere riconvertiti per i grandi yacht. Nessun progetto faraonico, solo interventi mirati. Altra possibilità è invece quella di riprogettare per intero il waterfront di un comune costiero, adeguandolo alle esigenze produttive e turistiche. In questo senso, i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza), hanno prodotto una crescita esponenziale di progetti di riconversione urbana che le città hanno presentato al governo. Oggi bisogna però ragionare complessivamente. Il porto turistico, riconvertito o nuovo che sia, non è più un intervento a sé stante, ma va affrontato nella sua complessità. Anche perché le difficoltà che si incontrano per realizzare i tanti progetti che ci sono, interessano molte competenze: urbanistiche, architettoniche, ingegneristiche, produttive e turistiche, oltre che, ovviamente, burocratiche.
MDN, acronimo di Marinas Development Network, è una rete di studi tecnici e legali con lo scopo di sviluppare piani, progetti e consulenze per la portualità turistica, dai marina ai waterfront, al Real Estate, che questi possono generare. È composta da architetti, ingegneri, urbanisti, avvocati, comandanti e consulenti esperti di demanio marittimo. Abbiamo incontrato alcuni di loro ed è stata l’occasione per fare il punto della situazione, indagare su quali sono le difficoltà ancora persistenti, ma anche le opportunità da cogliere per sviluppare il turismo nautico.
NEL MEDITERRANEO L’ITALIA È QUASI IL FANALINO DI CODA CON 2,37 POSTI BARCA OGNI 1.000 ABITANTI, MENTRE IN SPAGNA SONO 2,80, IN FRANCIA 3,87 E IN CROAZIA BEN 4,48.
Il Comandante Angelo Zerilli, prima nelle Capitanerie di Porto, poi nel Ministero delle Infrastrutture, ha dedicato gran parte della sua attività lavorativa alla portualità turistica. «Sarebbe utile poter trasferire i programmi finanziati dal PNRR dal governo centrale ai Comuni. In Italia i Comuni costieri sono ben 650 e hanno tutto l’interesse a poter sviluppare un progetto di rinnovamento e adeguamento dei loro waterfront. La riconversione delle zone marittime potrebbe favorire interventi per l’adeguamento delle dighe foranee per contrastare le mareggiate sempre più forti, adeguare i piani di ormeggio, creando posti barca per gli yacht sopra i 24 metri di lunghezza, incrementare l’offerta di refitting e favorire il turismo». Per quanto riguarda i porti turistici, una premessa è d’obbligo: c’è differenza tra i marina attrezzati e i punti d’ormeggio o porti polifunzionali.
LUNGO GLI 8.300 CHILOMETRI DI COSTE ITALIANE, GLI APPRODI SONO 780, MA DI QUESTI, SOLO 85 OFFRONO I SERVIZI CHE LI DENOTANO COME VERI E PROPRI PORTI TURISTICI.
I marina rappresentano solo il 15% dell’offerta di posti barca in Italia e solitamente sono già in grado di erogare tutti i servizi necessari. I punti d’ormeggio e i porti polifunzionali, invece, necessitano di una riconversione turistica per ospitare yacht e navi da diporto. Lo sviluppo della portualità dagli anni ’70 in poi ha visto l’intervento dei privati in concessione e, logicamente, un privato che investe in un porto turistico ha la necessità di rientrare in fretta dell’investimento. Si è proceduto quindi a quella che si definisce, anche se impropriamente, la “vendita” dei posti barca. Il termine “vendita” è poco corretto perché non si vende il demanio, ma il concetto è che le società che hanno realizzato i marina tendevano a cedere il diritto di ormeggio per tutta la durata della concessione, esempio per 50 anni, anziché gestire gli ormeggi per lungo periodo. Questo ha determinato che si creassero i cosiddetti “porti parcheggio”, dove l’utente tipo era un armatore di una barca da 12 o 15 metri che abitava a 150 km dal porto e che la utilizzava per la crociera estiva e nei fine settimana. La nautica è cambiata e quel genere di utente è oggi numericamente in minoranza. Non solo è aumentata la taglia degli yacht, ma è anche cresciuto il charter e in generale l’esigenza di un porto di transito. Spesso un mega yacht sosta in un porto per il refitting, in un altro per svernare con tutto l’equipaggio e poi, durante la stagione, naviga in altre zone ancora.
«Il progetto che abbiamo elaborato come WIP Architetti non aggiunge un metro cubo di cemento in più. Si tratta di recuperare l’esistente. L’Italia è piena di porti con banchine abbandonate o parzialmente utilizzate. Il nostro obiettivo non è realizzare nuove costruzioni, ma rigenerare l’esistente. A volte si potrebbero recuperare molti ormeggi per grandi yacht, a volte solo alcune unità, ma in ogni caso si avrebbe un doppio beneficio: aumentare la disponibilità di posti barca per navi da diporto e avere una ricaduta positiva in termini di indotto sul territorio». Paolo Viola

«La possibilità di trasformare un marina tradizionale in un porto capace di soddisfare le esigenze del charter esiste e va valutata caso per caso. Anche qui i vantaggi sono notevoli. Maggior relazione tra il porto e la città, ricaduta economica per i servizi a terra, il commercio e lo sviluppo della cantieristica per il refitting, dato che, come è noto, un super yacht può generare fino a 60 mila Euro di fatturato giornaliero, a tutto beneficio del territorio che lo ospita», afferma l’ingegner Giuseppe Vadalà, esperto di piani economico-finanziari per i porti turistici.
GLI ORMEGGI SONO 160.000, MA SOLO 44.000 ADEGUATAMENTE ATTREZZATI E QUELLI PER YACHT DA 40 METRI IN SU SONO MOLTO POCHI.
Infine, gli architetti Di Troia e Barbero di WIP Architetti, anche loro parte del network MDN, pongono l’accento sulla complessità di un progetto di waterfront e quindi sulla necessità che sia approcciato da un team coeso che valuti tutti gli aspetti. «Un porto turistico, oggi, non è un semplice marina con i conseguenti servizi. Un progetto deve contemplare urbanistica, architettura e ingegneria. Per quali taglie di barche, quanti posti, come realizzare un porto sostenibile che si avvalga anche di energia pulita, quali servizi sono già presenti sul territorio e quali invece implementare. E, non da ultimo, come valorizzare l’attrattiva turistica della località che lo ospita». È proprio dalla consapevolezza di questa complessità che nasce MDN, un network di competenze nel quale si integrano esperienze molto diverse tra loro, ma sempre orientate al progetto di trasformazione di borghi, città e territori allo scopo, non solo di dare risposte soddisfacenti agli investitori – siano essi pubblici o privati o di partenariato pubblico-privato – ma anche di amplificare l’attrattività dei luoghi e conseguentemente la redditività sociale dei loro abitanti.
(Harbours – L’unione fa la forza – Barchemagazine.com – Marzo 2023)