I porti turistici spiegati da Zenone, Pitagora, Eraclito e Paolo Viola. Rigenerare, non costruire nuove strutture. Il piano di WiP Architetti si prefigge di recuperare ormeggi per grandi yacht da banchine poco o per nulla utilizzate
by Niccolò Volpati
La questione porti turistici in Italia è dibattuta quasi quanto la nazionale di calcio. Tutti sono allenatori e hanno la soluzione in tasca. Spesso si tratta di argomentazioni razionali, ma, nonostante questo, la realtà rimane fortemente irrazionale. Essendo un’annosa questione, forse, la filosofia antica può aiutarci a dirimere l’argomento. Iniziamo da Zenone e i suoi paradossi, molto calzanti per descrivere la situazione in cui ci troviamo. Il più famoso è probabilmente quello di Achille e la tartaruga, esposto da Aristotele così: “Nel momento in cui il concorrente più veloce parte dopo il concorrente più lento nella corsa, quest’ultimo non sarà mai raggiunto dal più veloce perché l’inseguitore prima sarebbe costretto a raggiungere il luogo da cui quello che fugge ha preso le mosse, e intanto, di necessità, il più lento sarà sempre un po’ più avanti”.

Paolo Viola, ingegnere-urbanista, specializzato in progettazione portuale, responsabile dell’area “Marina & Waterfront” di WiP Architetti s.r.l., ha realizzato numerosi porti turistici. I primi marina a cui si è dedicato risalgono agli anni Settanta.
WiP Architetti
È uno studio composto da settanta progettisti, tra architetti, ingegneri e urbanisti. I soci sono quattro: Nicola Di Troia, Federico Barbero, Marco Splendore e Giuseppe Garbetta. I primi tre erano compagni di scuola sin dalle elementari e, dopo l’università al Politecnico di Milano e le prime esperienze di lavoro, si sono rincontrati e hanno fondato lo studio. Nel 2006 si è aggiunto Garbetta che si occupa dei servizi tecnici, cioè tutte quelle attività propedeutiche alla progettazione. «Molti studi cercano le competenze all’esterno – afferma l’architetto Di Troia – noi, invece, abbiamo scelto di svilupparle internamente, così siamo in grado di fare progettazione integrata». Attualmente WIP Architetti ha circa 2.000 appartamenti in progettazione e, oltre al residenziale, si occupa di uffici, supermercati, centri commerciali, alberghiero, turismo e sport. Recentemente ha creato la divisione Marina & Waterfront Design Team che è diretta dall’ingegner Paolo Viola e che ha elaborato il “piano per la rinascita del turismo nautico”. Il piano prevede di realizzare, all’interno di porti già esistenti, spesso poco o male utilizzati, delle darsene per le navi da diporto da 24 a 100 metri di lunghezza.
I paradossi per i porti turistici italiani sono tanti e ne elencherò alcuni di seguito, ma, per provare a dar loro una risposta, mi avvalgo dell’aiuto dell’ingegner Paolo Viola che ha realizzato molti marina in Italia, sin dagli anni ’70, e che ora gestisce l’area “Marina & Waterfront” di WiP Architetti, lo studio di progettazione – con un organico di oltre settanta professionisti tra architetti, ingegneri e urbanisti – che ha recentemente presentato un “Piano per la rinascita del turismo nautico”.
1° PARADOSSO DEI PORTI TURISTICI
I cantieri italiani producono grandi yacht, ma i marina lungo le nostre coste hanno pochissimi ormeggi dedicati alle navi da diporto.
Il pitagorico ingegner Viola inizia snocciolando alcuni numeri. Lungo i 7.000 km di coste italiane, gli approdi sono 780, ma di questi, solo 85 offrono i servizi che li denotano come veri e propri porti turistici. Gli ormeggi sono 160.000, ma solo 44.000 adeguatamente attrezzati e quelli per yacht da 40 metri in su sono davvero pochi. Nel Mediterraneo siamo quasi fanalino di coda: in Italia ci sono 2,37 posti barca ogni 1.000 abitanti, mentre in Spagna sono 2,80, in Francia 3,87 e in Croazia ben 4,48. Anche la distribuzione sul territorio non è omogenea. Molti al Nord rispetto al centro sud e in Tirreno rispetto all’Adriatico. Le ragioni di questa condizione sono antiche. La prima ondata di porti turistici fu realizzata nel decennio tra il 1970 e il 1980 e la seconda nei primi anni 2000. «Allora, mi ricordo che si discuteva se la lunghezza media delle imbarcazioni fosse 12 o 12 metri e mezzo», ci racconta Viola. Oggi il mondo è cambiato. Gli yacht sono sempre più grandi, e gli ormeggi per loro sono sempre più merce rara. È come se avessimo i parcheggi per la Cinquecento, mentre si producono SUV e autoarticolati.
2° PARADOSSO DEI PORTI TURISTICI
Un hotel a cinque stelle rappresenta un’occasione per il territorio su cui sorge, ma lo stesso sembrerebbe non valere per gli ormeggi per mega yacht.
Il tema è quello dell’indotto e i numeri non lascerebbero spazio a dubbi. Un superyacht da 50 metri riversa sul territorio ben 11.000 Euro al giorno, occupando solo 10 metri di banchina. Ogni metro di banchina produce 1.100 Euro di valore al giorno, che all’anno significano circa 200.000 Euro. Conti alla mano, 100 metri di banchina destinati ai superyacht producono un indotto di oltre 20 milioni all’anno. «Una banchina con dieci super yacht è come un condominio. Ogni nave da diporto ha dieci persone di equipaggio a cui, soprattutto nei mesi invernali, si aggiungono i familiari», afferma l’ingegnere. La ricaduta sul territorio c’è quando l’armatore e i suoi ospiti sono a bordo, ma anche quando non ci sono e rimane l’equipaggio. Proprio come un hotel a cinque stelle che lavora dodici mesi all’anno.
Punta Faro
3° PARADOSSO DEI PORTI TURISTICI
Un’area industriale vuota e abbandonata è sinonimo di degrado e se la si ristruttura si compie un intervento che è apprezzato, ma se si tratta di un porto si rischia di essere additati come cementificatori.
«Il punto è proprio questo», afferma Paolo Viola. «Il progetto che abbiamo elaborato come WiP Architetti non aggiunge un metro cubo di cemento in più. Si tratta di recuperare l’esistente. L’Italia è piena di porti con banchine abbandonate o parzialmente utilizzate. Il nostro obiettivo non è realizzare nuove costruzioni, ma rigenerare l’esistente. A volte si potrebbero recuperare molti ormeggi per grandi yacht, a volte solo alcune unità, ma in ogni caso si avrebbe un doppio beneficio: aumentare la disponibilità di posti barca per navi da diporto e avere una ricaduta positiva in termini di indotto sul territorio». I vantaggi non sono solo in termini di posti di lavoro, basti pensare alle attività di refitting, ma anche per le attività commerciali del territorio. Rigenerare un porto non significa costruire nuovi negozi, ma valorizzare le attività commerciali che già esistono. Inoltre, un privato che investe nella rigenerazione di un porto deve comunque farsi carico di oneri compensativi che altro non sono che servizi per il territorio e dovrà gestire dei costi di questi servizi.
Progetto di un porto turistico per Noli e Spotorno.
IN ITALIA CI SONO SOLO 2,37 POSTI BARCA PER OGNI 1.000 ABITANTI.
IN SPAGNA SONO 2,80, IN FRANCIA 3,87 E IN CROAZIA 4,48.
Loano
4° PARADOSSO DEI PORTI TURISTICI
I privati che potrebbero investire nei porti turistici sono terrorizzati dalla burocrazia e dai tempi lunghi delle concessioni.
La differenza sta proprio nel rigenerare anziché costruire ex novo. Non si tratta di realizzare un nuovo marina con progetto, conferenza servizi, rilascio della concessione e solo a quel punto, inizio lavori che, se tutto fila liscio, cosa che non succede quasi mai, significa almeno un tempo di tre anni. Rigenerare però dovrebbe essere sinonimo di tempi minori, soprattutto sotto l’aspetto burocratico. L’interesse dei privati c’è, in particolare per i waterfront e i servizi a terra connessi.
Sestri Levante
SI STIMA CHE L’INDOTTO DI UN SUPERYACHT DI 50 METRI
SIA PARI A UN VALORE DI 11.000 € AL GIORNO.
La proposta di un porto turistico per Sestri Levante (Genova) e il progetto per il raddoppio del porto e del nuovo waterfront di Civitanova Marche.
Alcuni fondi d’investimento hanno mostrato interesse, ma la battaglia culturale riguarda anche loro. «I fondi sono spesso troppo timorosi. Credono che i porti turistici siano sinonimo di procedure lunghe e a volte interminabili. Un fondo, invece, ha poco tempo a disposizione. Investe e vuole vedere i risultati a breve. Il problema è fargli capire che la redditività che possono avere dalla rigenerazione di un porto è molto alta, mentre si accontentano di investire nel residenziale o nella logistica dove la redditività è di gran lunga minore», ci spiega Paolo Viola. In definitiva, per superare lo stallo rappresentato dai paradossi di Zenone e i numeri di Pitagora, l’augurio è che prevalga la filosofia di Eraclito secondo il quale “nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma”.
(Harbours – Un piano lungimirante – Barchemagazine.com – Febbraio 2023)