Il “fantasma” non spaventa, anzi, rassicura. La carena di Harry Miesbauer è forse perfino più riuscita del solito. Performance e stabilità, garantisce Frauscher
by Niccolò Volpati
“UN FANTASMA SI AGGIRA PER L’EUROPA…” Così scriveva più di 170 anni fa un signore con una lunga barba bianca che di nome faceva Carlo e di cognome Marx. E, casualmente, anche il mio accompagnatore durante il test ha una folta barba bianca, ma al di là di tratti somatici simili, il nostro, non è Marx, ma Mauro Feltrinelli, titolare dell’omonimo cantiere di Gargnano sul Lago di Garda, importatore dei motoscafi Frauscher e anche consulente tecnico per il cantiere austriaco. Insomma, uno che ci mette qualcosa di più dello zampino in ogni nuovo modello creato oltre il passo del Brennero.
E “il fantasma che si aggira per l’Europa” non è un nuovo sistema economico sociale, ma l’ultimo cruiser realizzato da Frauscher, che si chiama appunto 1212 Ghost. Partiamo dalle sensazioni. In porto ho l’occasione di testare il joystick. Si comporta molto bene quasi come se i piedi fossero gli IPS. Si tratta dei nuovi DPI di Volvo, cioè i piedi poppieri. Il lavoro che hanno fatto è notevole perché il joystick con i piedi non funzionava così bene. Questi invece risultano molto più maneggevoli a bassa velocità, la differenza con l’agilità degli IPS è quasi del tutto scomparsa. Nel golfo c’è un limite di velocità a 22 nodi. Navighiamo tranquilli verso l’uscita e, passato Saint Tropez, affondo le manette. In mare aperto l’onda è leggermente più increspata e quando arrivo a 42 nodi di velocità, viro a tutta barra.

L’aspettativa è alta, anzi altissima. Tutti gli altri modelli di Frauscher hanno sempre avuto delle ottime carene. Harry Miesbauer sa il fatto suo. Ma questa è forse perfino meglio di quello che mi aspettassi. Passando in virata sul mare leggermente ochettato e sulle onde di scia degli altri yacht, quello che fa impressione è come la carena rimanga incollata alla superficie. La sensazione è che, ogni volta che la barca salta sulle onde, questa voglia rapidamente ritornare a contatto con la superficie del mare. È come se avesse una sorta di intelligenza artificiale che la tiene incollata all’acqua. Forse Miesbauer è riuscito a inventare la prima carena comandata da un software. Scherzi a parte, la sensazione è davvero notevole.


La conduzione è semplicissima. Non entra mai in crisi, qualsiasi sia la condizione. Virate e controvirate la lasciano indifferente. Risponde prontamente. Subito in assetto. Subito di nuovo dritta per la sua rotta. Altra sensazione che colpisce è che si fa fatica a distinguere quando si è in dislocamento e quando in planata. L’assetto è talmente orizzontale che, anche togliendo gas, non si comprende chiaramente quando la barca “si siede” e perde la planata.
A completare l’opera c’è una timoneria che definire docile è quasi un eufemismo. Tengo il volante con un dito e non ho nemmeno bisogno di stringere. Con una leggera pressione di un solo polpastrello riesco a correggere la rotta esattamente come voglio. I piedi di Volvo non sono efficaci solo al minimo con il joystick. Anche quando si vira a velocità sostenute, compiono egregiamente il loro dovere. Il risultato è un concorso di meriti tra piedi poppieri, timoneria, linea d’acqua dello scafo e distribuzione dei pesi per l’assetto.
Oltre alle sensazioni, anche i numeri ci dicono che si tratta di una barca molto ben riuscita. Il valore più significativo è, secondo me, quello dei litri miglio. Al minimo di planata è 2,8 litri per un miglio, alla massima velocità, cioè quasi 45 nodi, è 3,7. Poco oltre il minimo di planata, i litri miglio addirittura scendono. Significa che la carena è ancora più efficiente tra 1800 e 2600 giri, che, in velocità, traduciamo tra i 15 e i 30 nodi circa. Non è difficile comprendere che si tratta di un range perfetto per la crociera. Sono pronto a scommettere che l’80% dell’utilizzo della barca si consuma proprio tra 15 e 30 nodi di velocità.

Il design della coperta cattura l’attenzione, ma senza eccessi. Non c’è niente fuori posto. Le forme richiamano molto il mondo automotive, ma non mancano le scelte funzionali come quelle per il tendalino, l’ancora o i golfari per i parabordi.
Insomma, si chiama Ghost, ma più che mettere paura, direi che rassicura. Non spaventa la navigazione perché è stabile e bene in assetto, non spaventa la conduzione perché la timoneria è eccezionalmente morbida, non spaventa la velocità perché, nonostante arrivi a 45 nodi non si ha mai la sensazione di essere in pericolo e, infine, non spaventano i consumi perché sono contenuti e la carena è molto efficiente proprio ai regimi di crociera.

È semplicemente perfetta. Sia per la virata, sia per l’assetto, sia perché è davvero facile da condurre. Anche un neofita può pensare di essere un pilota di motonautica
E poi c’è il design, un elemento non certo trascurabile per Frauscher. L’ha curato Stephan Everwin, che si era già cimentato con il 1017 Lido e che ha spesso collaborato con Porsche. E il richiamo al mondo delle auto sportive è presente in tanti dettagli della coperta. In alcune forme arrotondate a poppa, per esempio, o sulle fiancate e in plancia, il richiamo al settore automotive è piuttosto evidente. Altre scelte nell’allestimento della coperta mi paiono molto funzionali. Il tendalino si apre manualmente, ma si tratta di un’operazione che si compie senza alcuno sforzo. Tutto elettrico, invece, è il sistema dell’ancora. Con un tasto dalla plancia si apre il gavone, si ribalta il braccio dell’ancora e si dà fondo. Non ci si deve avventurare a prua e, del resto, non sarebbe nemmeno troppo agevole visto che, in perfetto stile Frauscher, tutta la tuga è priva di qualsiasi appiglio. Non tutte le ciambelle però riescono con il buco.
E del lavoro di Stephan Everwin mi hanno convinto meno gli interni. La larghezza c’è, l’ottimizzazione degli spazi anche, ma l’altezza no. L’abitabilità è un po’ sacrificata perché scendendo sottocoperta non si hanno 180 cm. Anzi, se ne hanno poco meno che, per me, è un’altezza che trae in inganno. Se fosse più bassa me ne accorgerei e abbasserei la testa, invece, così, penso di passarci e puntualmente vado a sbattere la testa appena procedo verso la dinette trasformabile.


Gli spazi della dinette trasformabile sono notevoli, così come quelli della cuccetta che sarebbe in grado di accogliere perfino tre persone. Lo stesso si può dire per la toilette in un locale separato. L’unica pecca è che manca qualche centimetro in altezza.
A parte questo, il 1212 Ghost è un cruiser molto ben riuscito, sia per le doti di navigazione, sia per l’aspetto grazie a un design funzionale, ma anche particolare. Perfetta per soddisfare le tante esigenze di chi cerca una day boat o comunque una barca per crociere a corto e medio raggio. Insomma, il motto di Mauro Feltrinelli e del cantiere Frauscher potrebbe essere: “diportisti di tutto il mondo, unitevi!”
Engine room
La coppia di Volvo D6 con i nuovi piedi poppieri non è l’unica soluzione ammessa. Si può optare anche per una coppia di MerCruiser benzina, probabilmente più indicata per il mercato oltre oceano.
Frauscher Bootswerft GmbH & Co KG
Betriebspark Ehrenfeld 3
4694 Ohlsdorf | Austria
T. +43 7612/636 55
www.frauscherboats.com
Dealer
Cantiere Nautico Feltrinelli
Via della Libertà, 59
I-25084 Gargnano (BS)
T. +39 0365 71240
www.nauticafeltrinelli.it
www.frauscher.it
PROGETTO: Harry Miesbauer (carena) e Stephan Everwin (design)
SCAFO: Lunghezza fuori tutto 11,99m • Larghezza massima 3,50m • Dislocamento a secco 8.000 kg • Serbatoio carburante 850 l • Serbatoio acqua 150 l • Posti letto 2
MOTORI: 2xVolvo Penta D6 440 • Potenza 324kW (440 cv) • Ciclo operativo 4 tempi • 6 cilindri in linea • Rapporto di compressione 1,69:1 • Cilindrata 5,5 l • Regime di rotazione massima 3700 giri/minuto • Peso a secco 790 kg
CERTIFICAZIONE CE: CAT B per 12 persone
PREZZO: 590.000 €, Iva esclusa, versione base
(Frauscher 1212 Ghost, io non ho paura – Barchemagazine.com – Gennaio 2021)