Roberto Bello ed Heron 56, sulle ali della passione

Roberto Bello è un imprenditore di nautica che ha messo in pratica le sue idee costruendo l’Heron 56, una barca votata alla massima efficienza, comfort e bassi consumi di combustibile

di Carla Pagani, foto Andrea Muscatello

Sulla Darsena di Fiumicino l’ultimo sole illumina l’acqua e le case basse. Mentre si fa buio i pescatori si affacciano timidi con le canne da pesca agitate dal vento. Dal molo arriva il rumore delle sartie. Roberto Bello si affaccia dalla porta del suo cantiere per darci il benvenuto. Alle spalle c’è un grande capannone, un’ex falegnameria. Qui ha sede la Heron Yacht, la giovane azienda nautica che si è fatta conoscere per un 56 molto innovativo, Heron appunto.

Forme inconsuete, efficienza idrodinamica, ottime caratteristiche di navigazione, consumi contenuti. Nel nome c’è già tutto: la velocità e la leggiadrìa dell’airone che vola a pelo d’acqua.

ROBERTO BELLO

Dentro il cantiere, i soffitti sono quelli antichi di una volta, con le belle travi in legno a vista. Fuori ci sono le barche che Bello sta rimettendo a nuovo. Al refitting e al rimessaggio si dedica già da qualche anno, come pure alla vendita di quattro importanti marchi (Cantieri Estensi, Cantieri di Sarnico, Tiara e Contender), con la sua azienda Co.Ge.Man nata nel 1992.

Con Heron 56 inizia la sua avventura come costruttore nel mondo della nautica. Ci accoglie con un racconto vivido e vivace: «Sono nato a Napoli e cresciuto altrove, ma poi a Napoli ci sono tornato per amore. Una vera palestra di vita. Penso che oggi potrei essere ovunque e adattarmi senza problemi. Il Vesuvio ti dà una marcia in più». Bello fa il suo ingresso nella nautica negli anni della crisi. Una scelta coraggiosa. E anche intelligente.

«C’erano spazi di manovra e di sperimentazione. Tutto iniziò quando nel 2015 vidi un’imbarcazione semi finita a Peschiera. Comprai il progetto, il semilavorato e lo stampo». Nel 2016 Bello porta a Cannes il modellino. In tanti si fermano: curiosi, persone interessate, colleghi, armatori. «Furono loro a darmi linfa vitale e a convincermi che avrei dovuto andare avanti nella costruzione». Il debutto è a Cannes nel 2017.

Ergonomia curata, comodità all’interno e ricchezza di spazi esterni. Il disegno della carena è di Massimo Picco, architetto conosciuto soprattutto in ambito velico. Ma Bello ci ha messo del suo e insieme a Picco ha realizzato un prodotto unico e assolutamente innovativo. «La cosa più importante è la linea, più della velocità. Non è un capriccio estetico. È funzionalità». 

Ed è la carena a dettare la linea, assolutamente innovativa, unica al mondo, senza pattini di sostentamento idrodinamico, step o redan. Con la prua verticale la barca taglia le onde con dolcezza.

Su Heron la differenza è data anche dal materiale usato: il kevlar, la fibra sintetica inventata nel 1965 da una ricercatrice della DuPont che ha vestito anche strepitosi personaggi come Batman e Robocop. Dalla fantascienza alla realtà, con Heron Yacht. «Il kevlar è un materiale molto elastico». E a parità di massa è cinque volte più resistente dell’acciaio. «Di fatto movimentiamo una barca da 18 metri con due motori che di solito vengono impiegati su un 13-14 metri».
Provare per credere.

Un altro punto di forza sono le infinite possibilità di customizzazione. «Il nostro metodo è paradossalmente come quello dei megayacht. Potendo produrre massimo quattro unità l’anno, possiamo dedicare al cliente un’attenzione enorme e costruire delle imbarcazioni su misura: una volta fatto lo scafo, gli interni e la coperta possiamo trasformarli a piacimento».

Heron 38

 

Ma Bello è un imprenditore con i piedi per terra ed è convinto che sul mercato ci si debba stare con umiltà e cautela. Gliel’ha insegnato suo padre, «un grande lavoratore, prima ancora che un grande imprenditore. Mi ha insegnato il valore dei rapporti, il senso del limite, il rispetto, il dialogo. So che in questo settore devo fare ancora tanta esperienza. Mi piace ascoltare e imparare. Non ho un atteggiamento di chiusura verso i miei competitor. Per me la condivisione è il valore più importante».

Quando gli chiediamo quali sono i progetti per il futuro, Roberto Bello sorride radioso. «Stiamo lavorando a Heron 38. Abbiamo voluto prima cimentarci in un’imbarcazione più grande, per verificare la solidità delle nostre scelte e delle soluzioni tecniche, in termini di affidabilità, efficienza, comfort. E volevamo farci conoscere». E poi c’è l’ibrido.«È un settore che mi interessa molto in cui vorrei investire nei prossimi anni. Già con Heron 56 abbiamo lavorato tantissimo sui consumi ridotti, proprio in un’ottica di basso impatto ambientale».

Heron insomma come sinonimo di scoperta, ricerca e innovazione. E allora che l’esplorazione continui! Guardando al futuro.

(Roberto Bello e Heron 56, sulle ali della passione – Barchemagazine.com – Marzo 2019)